martedì 18 ottobre 2011

I bianchi e i neri di Trieste

Non ho mai capito perché la memoria mi rimanda Trieste solo in bianco e nero. Sarà perché i ricordi d'infanzia sono legati molto di più all'inverno. Ma sarà anche perché quegli inverni, ma poi anche le estati, mi sono rimasti dentro privi di amore. Ogni tanto ho sentito N. dire che lui ama l'inverno. Detto da un grande poeta come lui mi è sembrata da subito la condizione indispensabile per diventare anch'io grande. Mi sono detto cioè che per scrivere versi più efficaci dovevo smetterla di temere l'inverno, di pensare che morirò d'inverno...  Ma Trieste continua a essere nella memoria sempre soltanto in bianco e nero. Le strade levigate dalla bora. I palazzi bianchi. Gli anditi scuri. Certe scalinate scure. L'improvviso riemergere al bianco dopo il nero delle gallerie. L'arco di ombra scura col quale il doppio filare di piante avvolge via XX settembre. Nemmeno la memoria di anni più recenti, decisamente estivi e di vacanza, con l'allegria di Adriana, Emanuele, Francesco e persino Blouse, la nostra labrador nocciola, mi hanno residuato una Trieste più colorata. Ferrigna sempre. Anche il mare. Tranne in un'occasione. Quel giorno era verde e le trasparenze profonde. Fu l'anno della nostra visita a A. I ragazzi erano da qualche parte in Europa e noi passammo una settimana a casa sua. Quel giorno volevamo andare a visitare il castello di Miramare.  Posteggiata la macchina nelle vicinanze percorrevamo il lungomare che ci avrebbe portato fino al castello. Ma Adriana notò che lì il mare era di un verde mai visto. Rimanemmo a mangiare un panino su una panchina per goderci la vista ma non fu sufficiente. Adriana decise che voleva fare il bagno e che il costume ce l'aveva addosso. A. e io abbiamo insistito per rispettare il nostro programma ma alla fine dovemmo accettare un compromesso. Noi due a visitare il castello lei a fare il bagno. Il mare era verdissimo lo ricordo bene. Non avevo voluto darla vinta a lei ma mentre mi allontanavo non potevo fare a meno di provare un po' di disagio. Perché la lasciavo sola, in una città pressoché sconosciuta a lei, addirittura a fare il bagno nel mare di Miramare? Sulla scogliera di Miramare? Inquietudine ma anche invidia e gelosia per quella situazione alla quale mi stavo sottraendo, per quel mare così verde, per lei così elegantemente libera di me. Credo di non aver goduto granché della visita al castello con A.. E comunque questo conferma la mia intuizione iniziale: è stata la povertà di affetti nella mia infanzia triestina ad aver bloccato la memoria della città in una fotografia in bianco e nero. Il giorno del bagno di Adriana il mare lo ricordo verdissimo!
Il mio amico di sempre, S. intendo, grande amante ed esperto di fotografia, direbbe che dico una stupidata, le foto in bianco e nero, le sue, sono piene d'amore. Ma questa è un'altra storia. C'è un nero in particolare che ricordo. La casa dove ho vissuto con una nonna e una zia, il mio nono anno di vita, era in via Molino del vento, nella periferia nord-est della città. Una casa molto modesta, di due locali, col gabinetto in comune con altre famiglie sul corridoio. La casa adiacente era stata bombardata, era crollata su se stessa e dal muretto che la sovrastava si vedeva una voragine buia di macerie.

1 commento:

  1. Quel mare così verde, caldo,acqua dolce, è il ricordo di uno dei più bei bagni che ho fatto.
    Non ricordavo neppure la visita al castello degli altri due, tutta assorbita da quella delizia.
    Mentre di quella bella settimana ricordo in realtà molto: la pescheria a doppia entrata (o uscita), le cene al ristorante condotto da una vecchia signora conoscente di A., la gita a Opicina e in Slovenia (?) appena oltre il confine, le cena lì, la casa di A. con il gatto che veniva a mangiare; la vista di alcune strade del ghetto non ancora ristrutturate e quindi non ancora rese agibili e percorribili; la bella gita a Muggia con grande cena finale di pesce sulla terrazza del ristorante.
    E molto altro ancora

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