mercoledì 5 ottobre 2011




Mi sono sentito dire che a Milano poeti e poete sono animati dall'invidia, l'uno/a contro l'altra/o. Qualcosa in effetti ha sfiorato anche me. Immeritatamente direi! Ma penso che le cose non stiano propriamente così. Credo che nella maggior parte dei casi chi semina in giro questo genere di cose è proprio lui ad essere invidioso. Giusto il detto che ciascuno giudica sulla base di ciò che lui stesso è. Conosco un poeta di questo genere. E' un ragazzo intelligente. Vede invidiose/i dappertutto. Quando poi gli proponi una cosa tua da leggere prima o poi, bontà sua, ti dice che invidia questo o quel tuo verso. Qui c'è il dubbio legittimo che sia un modo per dirti che, a parte questo o quello, tutto il resto è da buttare. Ma se la faccenda si ripete in  occasioni diverse la sua diventa una tiritera sospetta. Alla lunga ho in effetti capito, conoscendolo meglio, che la sua invidia è davvero costituzionale. Per difendersene lo dice apertamente ad ogni piè sospinto, difficile poi pensare che sia davvero invidioso!
Credo di essere invidioso. Ma non è da dirsi apertamente. Perché è già fonte di vergogna intima. Ma invidio la molteplice cultura di chi ce l'ha. Per una certa quantità di motivi, ma comprendo anche la pigrizia, mi sono giocato una preparazione generale sicura e approfondita. Per un poeta non è giustificabile. Per il poeta contemporaneo poi non ne parliamo.
Il fatto è che quando ti manca l'estro per proseguire, un verso un po' più letterario magari aiuterebbe. Ma per l'appunto occorre conoscere, avere letto molto.
Non mi nascondo che non è affatto detto che poi non me ne libererei, una volta ritrovata la vena. Sono proprio avverso alle raccolte di poesia organizzata su temi che hanno alle spalle una messe secolare di trattazione in versi e in prosa cui attingere, consapevolmente o meno. Il peggio è ovviamente quando avviene inconsapevolmente.  Leggo così quantità industriali di versi dei quali  non si avverte che siano percorsi da un'intima necessità, in compenso senti spesso che nascono per affiliazione ora di senso ora di suono con le parole o i versi precedenti. Sono autori o autrici dotati di grande capacità  di articolare, stabilire contatti e nessi, affiliare immagini lontane e vicine. Pregi indubbi di molti versi, spesso restano nella memoria con facilità per la loro capacità di spiazzare, sorprendere, stupire. Eppure sento in essi la mancanza di un'anima. C'è molta poesia petrarchesca tra di noi, minore poesia dantesca.

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mercoledì 5 ottobre 2011

Peter
Da un giorno all'altro Peter scompare. Chissà che fine ha fatto. Era allegro, fastoso di allegria. E così finivi col chiederti quanta disperazione tenesse per sé. Studia, studia. Studia l'inglese, lascia perdere quella roba. Shit. E accompagnava la parola con un gesto indispettito della mano. Aveva forse un paio d'anni meno di me. Oggi dunque dovrebbe essere vicino alla settantina.
C'è qualcosa di significativo nel fatto che ho ripescato nella memoria prima il nome di Orlando, l'ex magliaro che guidava il furgone nel campo inglese ridistribuendo viveri a mense, pub, magazzini, e poi di seguito quello di Peter? Peter fece l'aiutante di Orlando per qualche mese finché sparì. E io presi il suo posto. Chiaro che desidero dare sostanza di carne e ossa alla seconda parte. Ricordare i nomi, senza una mia apparente volontà di farlo, è un aiuto che mi sono dato.
Ci sono almeno un paio di versi irrinunciabili per Peter, di quando lui racconta della straordinarietà della natura in Australia. Racconta soprattutto di ragni, ne conosce di tante specie, li classifgica a seconda della loro ferocia.
Ho scritto così per ora, saranno sue parole:
La natura è stupida e feroce, otto milioni di uova per fare un salmone.
Occhio al ragno saltatore, si solleva fino ai tuoi occhi
e lì colpisce.


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