mercoledì 15 maggio 2013

Ballata del Nord e del Sud



Sono cresciuto sulle strade
su quelle del Sud polveroso
su quelle del Nord piene di vento
ovunque ho lasciato fratelli
e la miseria non era per strada
la ricordo solo nelle case.
Le strade al Nord le incrinava il vento
sfrontatamenente svelava
i dolori alle case sventrate
ma la miseria non era per le strade
perché nell’alito dei giorni
diafani e secchi
già correvano ovunque
bande di fratelli.

Si andava contro vento
il vento tra le labbra
il vento negli occhi sguscianti
alle spalle fischiava di porta in portone
e non c’era pietà per i vecchi
ammutoliti al limitare di strade
che non erano più loro,
si andava contro vento
nessuno tenendosi per mano
perché qualcuno tossiva sangue
in quei portoni di Trieste sventrata.

Quelle bande ricordo al porto
a San Giacomo o dietro l’ippodromo
e tra noi più violenti gli insulti
a perdere un tempo per casa,
al porto tenevano i vecchi il lavoro
nessuno poteva convincerli più
a migrare sulle strade,
là prendevamo il presente
sono sempre tante le strade
ma mai bastanti i sassi
per abbattere le case del tempo
noi sassi aggiungevamo ai sassi
perché a nessuno venisse in mente
di rifare case e case sulle rovine,
sono cresciuto tra casa e casa
le rispetto per quel tanto d’angoli
e cantoni che fanno tra loro
e sono preziosi posti per echi e sentinelle
all’incrocio del vento.

Un fratello ricordo era uno di quelli
ma ci rivedevano sguardi
che non erano legami di sangue         
le strade curve montava ingobbito
spavaldo d’insulti ma poi generoso
come chi finalmente lo è per le strade,
non mi disse ti insegno a sputare
ma lui solo nel vento sapeva
correre sbieco frustandosi il culo
schizzando da labbra strizzate
lische rapprese di ghiaccio e saliva,
un giorno mi disse fratello tu bari
e schivò col silenzio il dolore da me,
non perdonava chi perde barando.

Nessuno parlava di fiori per strada
ma negli angoli di nude case
il vento accordava per noi musiche nuove
malinconiche ballate
stringevano cuori e cervelli a difesa
dei nostri sensi acuminati,
non timore di violenza
né pudore di contatti sconsacrati
ma il vibrare dei polsi freddi
per le gare senza sconfitti.

Più d’uno di noi sostava costretto
a garretti stroncati nei larghi portoni
l’affanno di asma
dei vecchi ubriachi di grappa
bevuta con l’aria vetrosa
di mille fessure del Carso,
ma sempre uno ne avanzava
di piazza in piazza scendeva
le scalinate di pietra
la chesterfield sbieca su labbra viola,
avevamo voltato le spalle per sempre
al porto dei ferri divelti
sarebbero state pur spente
una volta per tutte le antiche officine.

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Scendendo al Sud
qualcuno ha subito detto che ero sprecone
che portavo calzoni alla zuava
ma alla lotta impacciavano poco
colpi ne conoscevo anch’io,
c’era rabbia nell’aria asprigna di mare
urlavano le madri di casa in casa
vi tornavano con sporte di grandi pani,
tiravano i maschi su con paura,
d’inverno bruciavano pali
rubati pieni di catrame
la domenica  sul marmo
qualcuno versava zucchero sciolto,
era difficile uscire di sera
mirare coi sassi ai lampioni
ondate battevano il lungomare
e spumavano per strada,
l’umido dei muri
incrinava le vertebre ai vecchi
seduti attorno ai bracieri.

A primavera non c’era violenza
intrecciavamo palme su brevi marciapiedi
a blandi rintocchi di vecchie campane,
ma nell’alito caldo dei giorni crescevano i sensi
le armi erano tante
non sempre vincevano a sassi
le bande musulmane in scorreria
( chi le riportava alla memoria? ),
occupavamo i terrazzi sul mare
un po’ arabi e bianchi
palazzine misurate per tanti padroni d’olive
delle Puglie interiori,
arrivavano il primo di giugno
materassi sul carro
al cancello sostava la giovane
umida e nera di umori di terra
ai capelli puntava forcine
le crescevano a sorsi i seni nell’aria.

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Quando sono arrivato in questa Milano
del Nord e i navigli erano ancora aperti
alle nebbie pavesi
ho temuto per un po’ i lunghi capolinea
e li ho cercati a lungo
saltabeccando su immagini e immagini
con righelli e compassi precisi
solitari vortici
litanie di arresti e ritorni
rintocchi di aria spostata
bolle d’aria circonvallate
per moti concentrici in fuori
perché non ci sono angoli a Milano
e case e palazzi ruotano per sempre.
In disordine il bagaglio, a cuore ripiegato
il mio diviso io rollò con sicurezza
sulle circonvallazioni,
non avevo sino in fondo numerato
gli accordi di chitarra
ma dentro innocue superfici
gli abitanti in molti e i pochi cittadini
sembravano disporsi volentieri,
parevano all’ordine tutti segnati
dentro ruoli e professioni
proprio in quanto prestazioni
sineddochi di sé
disertate le radici
fuggiaschi come me.

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Qualcuno dal Sud è salito a primavera
su queste strade accavallate
dentro le officine,
gli ho sgranato le ricche notizie
statistiche serie alla mano,
gli ho chiesto         dove ti metti?
Chi è rimasto non mi ha badato,
si è fermato a raccogliere le idee
lì alla darsena
che la corrente è livida,
ci vive un compare di famiglia
brava gente che giù ha la casa
a terrazza sul mare
qua vende sigarette e conta le sue morti per galera,
ricordavamo insieme le preghiere
il rosario, detto sgranando spaghetti di bocca
che la madre tappava bottiglie di salsa
la sorella piegava lenzuola
e il vecchio poetava
facendo puntelli al melograno.
Si diceva che qui nell’aria
c’era una vecchiezza un po’ strana
che nuove erano solo botteghe con dentro botteghe
si diceva che a stupirci
erano i mille cortei di tute blu
furenti di parte espropriata,
si diceva che a stupirci erano donne
ormai tutte femmine sorelle
e non c’erano più madri.

Poi qualcuno ha staccato le mani dai ferri
di quelle officine
di balaustra in balaustra di sera
si sono passati la voce,
con un solo biglietto si sono fatti portare
a tutti i capolinea della città,
hanno colorato i muri e orinato nelle università
( l’esegeta di Marx professore in Statale
ci gridava con Croce avevamo una guida ),
domani si occupa e si fa corteo
le chiese sono tante ma anche i sagrati.
Altri erano già in corsa per le strade,
tutti insieme hanno segnato vertici di comunità,
ridisegnando angoli a case e muri.
 
Milano 1974.

mercoledì 1 maggio 2013

La festa del primo maggio

Sono ormai trent'anni che sento le geremiadi sulla ritualità burocratica e noiosa delle manifestazioni per il primo maggio! Ma che le lascino perdere, che spengano  la tv e la radio e i quotidiani, e la retorica di tant*! Da tempo stiamo dentro primi maggio di lavoro e non-lavoro. E di non-lavoro si disperano e muoiono quasi quanti ne muoiono di lavoro. Una dialettica micidiale. Come ne usciamo? E' possibile uscirne? Magari la sosta del primo maggio può servire ad avviare la riflessione, magari in quei luoghi non istituzionali dove la riflessione è già avviata (mayday, ecc...).

Cronache di Aprile


9 aprile


Margareth Thatcher?

L'ha guidata l'odio di classe, l'ha guidata l'odio per tutto ciò che odorava di rispetto, socialista o comunista che fosse, per le genti sottomesse piegate dallo sfruttamento dell'organizzazione capitalistica del lavoro. A tren'anni un giovane che non si è ancora comprato una casa è un fallito, diceva. Il cinismo criminale che l'ha guidata era frutto delle frustrazioni di classe dalle quali proveniva e non c'è niente di peggio che il revanscismo pieno di livore di chi ha potere. Come ha fatto ad avere tanto potere? Il fiuto politico non le è certo mancato, ha saputo cogliere l'occasione, degna in questo di una nipotina di Machiavelli, ha fiutato prima degli altri che quella organizzazione del profitto per i ricchi andava cambiata e che lo si poteva fare perché i rapporti di forza stavano cambiando. Il movimento operaio occidentale e L'URSS stavano cominciando a segnare il passo a mano a mano che la capacità espansiva del fordismo e dei grassi profitti legati ad esso, pur con le concessioni del Wellfare, venivano meno. Ha rischiato molto a essere la prima ma è stata valanga, il partner Reagan e il bravo Bush le hanno poi aperto le autostrade. Il tutto in nome del neoliberismo, nel quale ovviamente le teste pensanti non si sono certo riconosciute, si trattava in realtà del capitalismo più selvaggio del secolo, quello più predatorio e riservato alle élites finanziarie. Per forza che passerà alla storia. Anche perché era una donna, e questo la dice lunga sulla sussunzione in proprio di certe donne dei canoni fondamentali del patriarcato, dai quali secondo alcun* saremmo liberi, confondendolo con l'emancipazionismo spicciolo. Una brutta donna. Non una donna brutta, ché questo c'interessa davvero niente.



20 aprile
Giorgio Napolitano di nuovo Presidente.
Buona notte, notte.

Con la differenza, aggiunge il mio amico Ponziani, che Herlitzka alla fine del film se ne usciva dalla prigione proletaria sulle note di Great Gig In The Sky...

Forse ha ragione, forse molti di noi stanno uscendo da una prigione, e i Pink Floyd vanno sempre bene.

22 aprile

Oggi è l’anniversario della morte di Raffaella Tornaghi, sposata con Silvio Pacillo. Due amici, due compagni di strada e di viaggi dai tempi del liceo.

A Raffaella ho dedicato questi versi, usciranno presto in un’altra raccolta.

Le cicogne di Micene
(lettera in ricordo dell'amica di viaggio).

Non era l'alba dei sogni né il tramonto delle idee
quel nostro varcare la porta dei leoni
incastonati nelle pietre di Micene,
aprivano per noi un varco nel tempo,
e a tetti e pareti mancanti
ci accolse odore di fieno e di morte
come se gocce di sangue, ferite aperte,
scintillassero ancora tra basamenti intatti.
Il sentiero ci conduceva a voci sopite,
io a lei tu a lui la mano, per quei tremila anni
come un battito di ciglia, la tracotanza di Agamennone,
il rancore di Clitennestra.

Dicevamo di scenari soliti,
maschi guerrieri, inventori di ruoli e tradizioni
per la propria egemonia, private vendicatrici
mai libere a mimarne gesta e pensieri,
come fosse un destino, più forte degli dei
che hanno abitato alberi, statue e ginestre
di questo paese.
No, nessun destino.
E' volere arcaico, ordine patriarcale,
che intreccia passioni e divino,
che ci vorrebbe eredi per sempre di maschere d'oro,
tombe ciclopiche, armature ammaccate.

Ci teniamo noi a passioni pazienti di lumi
e non di incendi. La tua mano a lui la mia a lei
voltiamo le spalle a Micene, abbiamo un patto nuovo
all'altro capo del sentiero, dividere tra tutti
il tempo di cura dell'aria, dell'acqua, della terra,
del fuoco e di tutte le nostre risorse.
Finché il pianeta ci tenga.
Per ora ci contentiamo di un the in questo bar
fuori mano. Le cicogne su quel palo
ci mandano segnali. L'una si stacca in volo e ritorna,
l'altra, rimasta nel nido, l'accoglie col battito sonoro del becco,
un applauso.
Ci chiediamo chi sia il maschio e chi la femmina.
Le abbiamo lasciate al loro destino.

 25 aprile 

Leggo rabbia e rassegnazione. Del resto qui sembra di aver perso la guerra civile. Bisogna ripartire dalla lavagna, tirare una riga nel mezzo e segnare da una parte le cose buone e dall'altra le cose cattive. Ma non scambiamola per l'astratta ed eterna guerra del bene contro il male. C'è un ceto politico che è asservito alla classe del capitalismo più predatorio. Messi insieme sembrano invincibili ma come ricorda il mio amico poeta Atena si allontana ben presto dal campo dei vincitori.

27 aprile

Ecco, cominciamo da capo, ridiamo senso alle cose: ci dice Gino Strada:

"Una sostituzione mitralica, un intervento di cardiochirurgia, eseguita in una struttura pubblica o privata, viene rimborsata intorno ai ventimila euro. Lo stesso intervento, compiuto nel centro di cardiochirurgia di Emergency, costa 1850 euro. Perché ì costa ventimila euro quando noi ne spendiamo 1800?"

27 aprile

Cara Cecile Kyenge Kashetu, ti auguro buon lavoro. Avrai il tuo daffare con la gente che ti ritrovi intorno, qualcuno nel profondo Nord deve avere già la febbre, il mal di pancia.

28 aprile

C'è chi continua a sostenere che la proposta per Rodotà era sostenuta solo dai circa cinquemila grillini. Sono persone male informate, leggono solo la giornaleria di palazzo e guardano la tv. Ma informarsi, si sa, costa fatica, perché le notizie che riguardano il mondo della sinistra, sinistra sinistra, non sono strilli utili per i soliti giornali.

29 aprile

Il diritto all'ozio.

Qualcuno potrebbe pensare che questo reddito minimo garantito sia una proposta per accontentare il M5S e i movimenti ma verosimilmente non è così. Penso piuttosto che sia nelle corde della UE. Anche perché formule del genere sono già in atto in molti paesi. Credo cioè che il problema stia in una sua formulazione con condizioni capestro un po' come è il sussidio di disoccupazione negli USA. Se viene ridotto alla logica lavorista apriti cielo, entrerebbe in conflitto con la CIG, se viene concepito come un diritto di chi è in cerca di primo o secondo impiego sarebbe un buon inizio, bisognerà allora vedere se riuscirebbe ad agganciare quelli che non hanno più voglia di cercare lavoro o che giustamente si rifiutano di fare un lavoro qualsiasi.

...Per non parlare di quelli che rivendicano il diritto all'ozio! Come sono lontani i tempi in cui le Pantere nere agitavano la parola d'ordine: ventanni di lavoro in fabbrica e poi la pensione!

29 aprile

Complice la Rete il primo ministro di colore è sommersa da insulti e minacce spesso irripetibili.

Serve a qualcosa il fatto che gli insulti razzisti siano un reato? Come si fa a educare questa gente che si ritrova unita e auto legittimata in comunità e organizzazioni?

1 maggio

Buon primo maggio!

Viaggiamo alla media di tre morti al giorno sul lavoro. Le leggi per punire la mancanza di sicurezza nei cantieri, nella manifattura, nei trasporti esistono ma non vengono applicate. Ma fa più schifo che la legge organica antiinfortunistica risale al 1965! questo in pratica significa che tutti gli infortuni o morti nei settori con tecnologie più evolute non possono nemmeno essere nominati! Orrenda responsabilità delle nostre classi dirigenti e politiche.