sabato 10 dicembre 2011

L'americano m'insegnò a sfruttare un'opportunità che l'Università di Colonia offriva. Esisteva un arbeitsamt, un ufficio del lavoro, apposito per studenti. La camera del lavoro locale era in contatto con l'ufficio universitario e metteva a disposizione per studenti bisognosi (ma non necessariamente) lavoretti di una o mezza giornata, con paga sindacale e copertura sanitaria. Si trattava di fare la coda fuori dall'ufficio di primissimo mattino, depositare per terra il proprio libretto e attendere l'apertura. Gli addetti avrebbero raccolto tutti i libretti e chiamato i proprietari. La faccenda mi funzionò per diverse mattine, bisognava superare la diffidenza degli studenti che appena si rendevano conto che ero italiano e che competevo con loro nella distribuzione dei lavori brontolavano, facevano piccole bastardissime provocazioni. Facevo finta di niente, sfruttavo la non conoscenza della lingua per dare a intendere che non capivo le loro intenzioni. Ma se accadeva di incrociare con qualcuno lo sguardo tutto si smontava.
Era andata più penosamente il giorno dopo il mio approdo alla casa dello  studente, quando ancora non conoscevo quella risorsa. Anche allora di primissimo mattino, attraversando la città piena di neve e di neve odorosa, di un odore che mi porto tuttora nelle narici, mi misi in cerca di un ufficio del lavoro generale. Ne conoscevo vagamente l'indirizzo, sapevo che ero nelle sue vicinanze quando mi imbattei in due veneti, in tutta evidenza due contadini, curvi e intabarrati. Non solo non ci fu nessuno scambio di affettuosità ma mi mandarono dalla parte opposta. Gira e rigira alla fine all'ufficio del lavoro ci arrivai comunque, i due erano lì che discutevano con altri italiani. Ci ignorammo. Anche perché mi resi subito conto che l'unica offerta di lavoro possibile riguardava la manovalanza generica nelle case in costruzione. Conoscevo per conto mio quel tipo di esperienza e non mi attraeva affatto. Sapevo che il lavoro era faticoso, pieno di rischi e dovevi essere disponibile a vivere per un periodo più o meno lungo, come per lo più accadeva ai lavoratori stranieri, nei baustelle, i cantieri edili. Non era rifiuto del lavoro manuale, era quel lavoro manuale lì che non ero disposto a fare. D'altra parte quella mattina mi resi conto che non ero in alcun modo della stessa pasta dei due calabresi ai quali in qualche modo quella situazione, quel luogo mi assimilava. Non solo perché non ero un contadino ma perché non ero davvero un emigrante come loro.

Nessun commento:

Posta un commento