martedì 20 dicembre 2011

charley harper
La fantasia di Harper!
Di mio aggiungo che è una polifonia ottimistica. Anche l'amico N. è ottimista. Ce n'è bisogno! Lui dice che del bicchiere di vino vede sempre solo la metà piena (l'altra metà è vuota perché se l'è bevuta). Io non sono così ottimista in fondo all'animo ma sono molto ben disposto, mi basta poco, ad esempio sentire quel che dice N. sul suo bicchiere di vino, per diventarlo. Segno che anche nella mia formazione, come accade ai più, si è inceppato qualcosa a un certo punto. Si è infatti soliti dire: fino a quel momento tutto sembrava andare a meraviglia, poi... Già, poi, a un certo punto, succede qualcosa che ti rivela che la realtà non è tutta meraviglie. Però di meraviglie al mondo ce ne sono tante! Per questo forse vale la pena abbandonarsi comunque all'ottimismo. Capisco N. quando dice che Leopardi era un mollaccione. Lo dice perché Leopardi continua a mettere l'accento, lamentandosene col suo pessimismo esibito, sul fatto che il piacere infinito al quale tendiamo in realtà non esiste. E questo a N. non può certo andare giù. N. è cristiano e ottimisticamente un al di là infinito, comunque sia, lo intravede. Ma non dovette essere facile per un ateo in un paese di cattolicissimi moderati liberali trovare la giusta tonalità del discorso per dire che quelle erano vili illusioni. E che c'era tra l'altro poco da essere ottimisticamente rivolti verso 'le magnifiche sorti e progressive' che annunciavano. Anche se, molto meno pessimisticamente, lo stesso Leopardi, nel commentare lo stato delle cose in Francia, arrivava a dire più in generale che, nella modernità, nonostante la competizione persecutoria dell'uomo sull'uomo, le società riuscivano a riparare alla maggior parte dei danni che commettevano. Rileggere il 'Discorso sullo stato presente degli italiani' riserva ancora sorprese. Ma insomma Leopardi non era, se così si può dire, ottimista fino al punto di ritenere che c'era un al di là con qualche premio eterno per ciò che mancava di qua.
N. invece ci spera con ottimismo. Tanto più che persino gli dei dell'antica Grecia sembra gli abbiano mandato un segno favorevole. Egli racconta infatti che sull'acropoli, nel mezzo delle sue riflessioni, gli è comparsa una civetta!
Di più difficile interpretazione quanto è invece successo a me. Nel bel mezzo del piazzale antistante l'entrata delle meraviglie di Olimpia un vento improvviso ha scosso con violenza i rami degli alberi. Un ramo si è spezzato e mi ha colpito sul dorso della mano destra.
Forse volevano dirmi che non ero degno di entrare a Olimpia e di godere delle meraviglie prodotte da chi, al contrario di me, li venerava. O forse, essendosi trattato di un ramo e non dell'albero, volevano solo rimproverarmi. Di averli trascurati sin lì. Di non averli tenuti più in alcun conto prima col mio fragilissimo cattolicesimo poi col mio agnosticismo e poi col mio ateismo. Bene, ora, a distanza di qualche anno da quella visita, li ho persino onorati con questa memoria. Fine della storia.

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