mercoledì 28 marzo 2012

La poesia è scandalo.
Nulla di più scandaloso che essere fuori dalla competizione per il tot e il quot e il plus. L'up, il best, lo score. La performance, l'accumulo, il consumo. Il tutto inteso come qualità, eccellenza. Il meglio, for ever. Nient'altro.  Chi vive dentro questa filosofia di vita ha questa caratteristica: la ritiene il meglio delle scelte, anzi l'unica possibile le altre essendo frutto di ideologie perdenti. Come se il mercato con le sue derive fondamentaliste e con le sue forme dettate dall'evoluzione intrinseca delle regole del profitto, come le multinazionali e la finanziarizzazione dell'economia, non fossero organizzate dentro una ideologia: il fatto è che questa è più vincente delle altre, anche se i vincenti sono costretti, obtorto collo, ad addomesticare e riformare le loro forme a causa di un'opposizione più o meno organizzata che ogni tanto vince qualche battaglia. Sono convinti di essere nel giusto. E vogliono essere liberi di licenziare l'operaio tutte le volte che gli sembra giusto, perché loro rischiano i propri soldi. L'operaio ha bisogno almeno della sicurezza del posto di lavoro perché a rischio in fabbrica c'è la salute, non solo quella organica del corpo ma anche quella organica alla mente perché dieci ore di lavoro manuale ti impediscono di fare nient'altro.
Si chiedono come facciano a scoppiare le rivolte e le guerre 'necessarie' contro le rivolte.
La poesia imbarazza come nessun'altra arte. Fuori com'è dal mercato e dal potere che esso porta con sé. Chi c'è dentro si scrolla di dosso la poesia con un'alzata di spalle, a volte persino con l'irrisione dato che relega all'immaturità la scrittura di versi. L'irrilevanza della poesia essendo così acquisita ufficialmente, gli animi si tranquillizzano facilmente. Anche se a qualcuno resta il sospetto in fondo all'animo che invece è nella poesia che si giocano la sapienza, la sintesi dell'essere nei suoi movimenti semplici e complessi e persino la bellezza. A volte la poesia s'insinua come il dubbio. Si intrufola come un ladro e ci interroga. Accade quando siamo soli e magari ci sentiamo per un attimo impegnati a non mentire con noi stessi.
Ma tra i vincenti in nome del mercato e quanto c'è al mondo di piatto c'è relazione. I loro sono volti piatti, busti piatti, e hanno dentro piatti intestini e fegati, dimodoché per loro il mondo è solo il luogo dove devono mettere in serie, in sequenza numerica, quantità di oggetti piatti e di momenti piatti, magari aiutandoli a tenersi per mano e accompagnandoli con una musichetta fino all'orlo della vita. Dalla quale restano esclusi per l'impellenza del quantum/tantum prioritario, con seguito di parole piatte, cacaminuzzoli da capre, barbette piatte al mento.
La poesia è scandalo perché vuole parlare anche ai piatti, che  parlando oramai solo tra di loro hanno perso di vista l'universo.

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