Mettere accanto in una ricerca Kafka, Beaudelaire, Benjamin, Leopardi e quanto di rilevante di opere e pensiero era possibile connettere con loro, è stata un'esperienza 'letteraria', dove le virgolette vogliono indicare quel mondo della fantasia e dell'immaginazione di cui poesia e arte sono padrone, ricca e suggestiva ma infine muta per il presente. E il perché non è nemmeno semplice. Ricchezza e suggestione provengono da certe loro affinità che ancora sorprendono, ma in definitiva ciò che li accomuna era chiaro anche prima, intendo la radicalità della critica al loro presente. Che si può riarticolare e ripresentare ma si tratta in definitiva di deja entendu che per se stesso non mi stimola a scrivere. Troppo vuoto sento l'uditorio in questo camminare desolato sulle macerie della sinistra, spazzata via dal berlusconismo che ha invece liberato tutto il fascismo residuo nonché nuove energie reazionarie e oscurantiste del paese a sostegno del pensiero unico dell'Occidente.
Peraltro appunto credo che la galleria di 'affini' a codesti autori potrebbe essere allargata di molto pescando tra '800 e primo '900. A prima vista sembrerebbe che Benjamin sia quello meno connesso agli altri citati, in realtà le sue posizioni di materialista storico e in qualche modo di marxista eretico sfociano in una tensione letteraria appassionata e poetica fino al limite della visionarietà - basti qui l'angelo sospinto verso il futuro da una tremenda bufera che rappresenta il progresso e la modernità già ricchi delle macerie del passato e la speranza di una 'piccola porta' per la rivoluzione - che lo allacciano al criticismo radicale degli autori citati sopra.
E tuttavia la ricerca mi ha fatto sì ritrovare tutte le forme del pensiero critico radicale ma mi ha posto di nuovo quelle domande estreme alle quali non so rispondere da dentro l'età in cui vivo. Avevano ragione loro, insieme a molti altri. Avevano ragione a dirci che l'Occidente stava e sta precipitando in rovina. Perché chi vuole tentare di starci dentro deve far finta di vivere in un mondo di simboli fantastici reggendo fin che può alla propria ipocrisia, dice Beaudelaire. Perché chi vuole starci dentro deve adattarsi alla condanna in un mondo assurdo in cui è meglio cercare forme di vita diversa da quella umana, dice Kafka. Perché chi vuole starci dentro deve adattarsi al trionfo dell'ideologia dell'utile che uccide immaginazione e poesia, dice Leopardi.
L'hanno detto così in tanti che a me oggi pesa come un macigno e inutile continuare a dirlo. La critica radicale è ancora attestata nei cuori e nelle menti di molti/e ma sento forti le voci di chi le macerie non le vede e presta un'altra volta volentieri le orecchie alle 'magnifiche sorti e progressive' dell'Occidente, alla micidiale riproducibilità tecnologica, per usare Benjamin, di guerre a bassa o media intensità, dello sfruttamento dei poveri nei lavori poveri, dei femminicidi, delle morti sul lavoro. Nell'impoverimento finale di quelle che erano le risorse pubbliche del pianeta Terra.
Peraltro appunto credo che la galleria di 'affini' a codesti autori potrebbe essere allargata di molto pescando tra '800 e primo '900. A prima vista sembrerebbe che Benjamin sia quello meno connesso agli altri citati, in realtà le sue posizioni di materialista storico e in qualche modo di marxista eretico sfociano in una tensione letteraria appassionata e poetica fino al limite della visionarietà - basti qui l'angelo sospinto verso il futuro da una tremenda bufera che rappresenta il progresso e la modernità già ricchi delle macerie del passato e la speranza di una 'piccola porta' per la rivoluzione - che lo allacciano al criticismo radicale degli autori citati sopra.
E tuttavia la ricerca mi ha fatto sì ritrovare tutte le forme del pensiero critico radicale ma mi ha posto di nuovo quelle domande estreme alle quali non so rispondere da dentro l'età in cui vivo. Avevano ragione loro, insieme a molti altri. Avevano ragione a dirci che l'Occidente stava e sta precipitando in rovina. Perché chi vuole tentare di starci dentro deve far finta di vivere in un mondo di simboli fantastici reggendo fin che può alla propria ipocrisia, dice Beaudelaire. Perché chi vuole starci dentro deve adattarsi alla condanna in un mondo assurdo in cui è meglio cercare forme di vita diversa da quella umana, dice Kafka. Perché chi vuole starci dentro deve adattarsi al trionfo dell'ideologia dell'utile che uccide immaginazione e poesia, dice Leopardi.
L'hanno detto così in tanti che a me oggi pesa come un macigno e inutile continuare a dirlo. La critica radicale è ancora attestata nei cuori e nelle menti di molti/e ma sento forti le voci di chi le macerie non le vede e presta un'altra volta volentieri le orecchie alle 'magnifiche sorti e progressive' dell'Occidente, alla micidiale riproducibilità tecnologica, per usare Benjamin, di guerre a bassa o media intensità, dello sfruttamento dei poveri nei lavori poveri, dei femminicidi, delle morti sul lavoro. Nell'impoverimento finale di quelle che erano le risorse pubbliche del pianeta Terra.
Nessun commento:
Posta un commento