In una ventina di giorni abbiamo saccheggiato con lo sguardo
la città.
Senza la conoscenza della lingua sei costretto a servirti
soltanto degli occhi. Gli altri sensi sono anch’essi chiamati a un surplus di
esercizio ovviamente.. Ma il naso e il tatto meno. Meno di tutti il tatto. Il
naso in effetti lavora su materiale abbastanza inedito. Anzitutto il profumo di
cucinati. Minestrone, brodo di carne, erba cipollina, curry, sesamo, cumino,
caffè mit sahne, donerkebab, tutto mescolato insieme ti avvolge già verso le
dieci del mattino quando ti sprofondi negli anditi delle metropolitane. E’ un
afrore, ti prende alle narici e resta lì, non va più a fondo ma non ti
abbandona più, neanche se esci sulle piazze sterminate che per attraversarle
non bastano due semafori, neanche se si mescola agli odori di qualche umano
maschio o femmina che sia. Finisce che lo cerchi, sfuggente e intenso, colto e
perso in un metro di banchina. Ma in fondo niente altri impegni per il naso.
Solo in qualche zona ti arriva grato il profumo dei tigli, di per sé
beatificante ti gratifica ancora di più se i filari sono lunghi sulla allee. Ma
in Unter den linden la delusione è grande, ne hanno rimessi solo un centinaio
delle migliaia che c’erano prima che i nazi li spianassero per fare più grandi
le adunate..
Con l’udito non c’è storia. I rumori sono quelli delle
grandi città. Il treno, Ubahn o Sbahn che sia cioè in
sotterranea o in sopraelevata, sferraglia proprio come un treno velocissimo e
potente nel cuore della città su una superficie che è otto volte quella di
Milano, pari a quella di NYC. Stazioni di ferro, di acciaio e cristalli,
percorsi di ferro sui ponti di ferro sullo Sprea. Le porte si aprono e chiudono
con jingles che sembrano tutti accordi delle sinfonie di Beethoven e forse lo sono
davvero. Anche il rumorio di auto e macchinari in azione è uguale a quello di
Milano o di qualsiasi altra città europea.
La vista dunque. Ma non è come a NYC. Lo sguardo lì è
costretto continuamente a guardare in alto. I giochi dei riflessi dei grattacieli
gli uni negli altri tengono la tua testa alzata, ma tieni la testa alzata anche
perché sai che lassù in alto si avvicina il Central Park al termine della
avenue che sale o perché al contrario sai che laggiù si avvicina Battery Park
al termina della avenue che discende verso la foce dell’Hudson e dell’Est
river. A Berlino è diverso perché i palazzi sono alti ma non troppo e devi
subito fare i conti con la loro struttura quadrata, rettangolare, esagonale
ecc. Figure geometriche classiche cioè armoniche cioè leggere, quasi un
paradosso. Lungo i viali spaziosi non incombono, massicci e solidi nello spazio
ma mai pesanti. Respirano su larghe piazze, spesso così grandi che rinunci ad
attraversarle. Si defilano con eleganza se
costeggiano lo Sprea, anzi lì scopri la loro vocazione ai vuoti architettonici
che liberano spazi con arcate, portici e colonnati neoclassici. Un’architettura
sobria e concreta, viva e sonora. Colpiscono la varietà, l’audacia e gli
effetti coloristici delle soluzioni formali dei palazzi moderni (sono stati
chiamati a realizzarli architetti di tutto il mondo tra cui Piano) ma quelle
forme neoclassiche sono meno decadenti e ingenue di quanto la mia ignoranza mi
faceva pensare. Qui infatti ti ritrovi davanti a estesi quartieri di fattura
settecentesca, ancorché rifatti ma fedelmente dopo le distruzioni belliche,
omogeneamente neoclassici al punto che ti sembra di entrare ogni tanto
direttamente negli spazi della scuola di Atene di Raffaello. Colonnati,
porticati, frontoni, spazi vigorosi con statue e fontane che adornano cortili e
piazzali. Da manuale cinquecentesco. Anche perché sono i palazzi civili a
prevalere, chiese non ce n’è o vivono una vita appartata. In quella che è forse
la più bella piazza di Berlino, la Gendarmenmarkt, ci sono sì contrapposte due
chiese, quella luterana per i tedeschi e quella ugonotta per i francesi fuggiti dalla Francia a fine
seicento, ma non hanno alcun peso religioso nemmeno formale perché ora sono due
musei e comunque nella piazza dominano elegantemente neoclassico il teatro
costruito da Schinkel durante la Restaurazione e il monumento a Friedrich
Schiller.
In ultimissima annotazione non puoi fare a meno di renderti
conto che il gotico non è passato da qui. Sembra quasi impossibile. Eppure
quello stile che ha contribuito a
riempire di chiese tutta l’Europa ma soprattutto l’Italia dove si è innestato
sul romanico, non ha lasciato gran che in tutto il Brandeburgo. Qui a Berlino
una delle poche testimonianze è una chiesetta bicuspidata nei pressi di
Alexanderplatz.
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