venerdì 28 giugno 2013

Lo sguardo su Berlino.


In una ventina di giorni abbiamo saccheggiato con lo sguardo la città.
Senza la conoscenza della lingua sei costretto a servirti soltanto degli occhi. Gli altri sensi sono anch’essi chiamati a un surplus di esercizio ovviamente.. Ma il naso e il tatto meno. Meno di tutti il tatto. Il naso in effetti lavora su materiale abbastanza inedito. Anzitutto il profumo di cucinati. Minestrone, brodo di carne, erba cipollina, curry, sesamo, cumino, caffè mit sahne, donerkebab, tutto mescolato insieme ti avvolge già verso le dieci del mattino quando ti sprofondi negli anditi delle metropolitane. E’ un afrore, ti prende alle narici e resta lì, non va più a fondo ma non ti abbandona più, neanche se esci sulle piazze sterminate che per attraversarle non bastano due semafori, neanche se si mescola agli odori di qualche umano maschio o femmina che sia. Finisce che lo cerchi, sfuggente e intenso, colto e perso in un metro di banchina. Ma in fondo niente altri impegni per il naso. Solo in qualche zona ti arriva grato il profumo dei tigli, di per sé beatificante ti gratifica ancora di più se i filari sono lunghi sulla allee. Ma in Unter den linden la delusione è grande, ne hanno rimessi solo un centinaio delle migliaia che c’erano prima che i nazi li spianassero per fare più grandi le adunate..
Con l’udito non c’è storia. I rumori sono quelli delle grandi città.  Il treno,  Ubahn o Sbahn che sia cioè in sotterranea o in sopraelevata, sferraglia proprio come un treno velocissimo e potente nel cuore della città su una superficie che è otto volte quella di Milano, pari a quella di NYC. Stazioni di ferro, di acciaio e cristalli, percorsi di ferro sui ponti di ferro sullo Sprea. Le porte si aprono e chiudono con jingles che sembrano tutti accordi delle sinfonie di Beethoven e forse lo sono davvero. Anche il rumorio di auto e macchinari in azione è uguale a quello di Milano o di qualsiasi altra città europea.
La vista dunque. Ma non è come a NYC. Lo sguardo lì è costretto continuamente a guardare in alto. I giochi dei riflessi dei grattacieli gli uni negli altri tengono la tua testa alzata, ma tieni la testa alzata anche perché sai che lassù in alto si avvicina il Central Park al termine della avenue che sale o perché al contrario sai che laggiù si avvicina Battery Park al termina della avenue che discende verso la foce dell’Hudson e dell’Est river. A Berlino è diverso perché i palazzi sono alti ma non troppo e devi subito fare i conti con la loro struttura quadrata, rettangolare, esagonale ecc. Figure geometriche classiche cioè armoniche cioè leggere, quasi un paradosso. Lungo i viali spaziosi non incombono, massicci e solidi nello spazio ma mai pesanti. Respirano su larghe piazze, spesso così grandi che rinunci ad attraversarle. Si defilano con eleganza se costeggiano lo Sprea, anzi lì scopri la loro vocazione ai vuoti architettonici che liberano spazi con arcate, portici e colonnati neoclassici. Un’architettura sobria e concreta, viva e sonora. Colpiscono la varietà, l’audacia e gli effetti coloristici delle soluzioni formali dei palazzi moderni (sono stati chiamati a realizzarli architetti di tutto il mondo tra cui Piano) ma quelle forme neoclassiche sono meno decadenti e ingenue di quanto la mia ignoranza mi faceva pensare. Qui infatti ti ritrovi davanti a estesi quartieri di fattura settecentesca, ancorché rifatti ma fedelmente dopo le distruzioni belliche, omogeneamente neoclassici al punto che ti sembra di entrare ogni tanto direttamente negli spazi della scuola di Atene di Raffaello. Colonnati, porticati, frontoni, spazi vigorosi con statue e fontane che adornano cortili e piazzali. Da manuale cinquecentesco. Anche perché sono i palazzi civili a prevalere, chiese non ce n’è o vivono una vita appartata. In quella che è forse la più bella piazza di Berlino, la Gendarmenmarkt, ci sono sì contrapposte due chiese, quella luterana per i tedeschi e quella  ugonotta per i francesi fuggiti dalla Francia a fine seicento, ma non hanno alcun peso religioso nemmeno formale perché ora sono due musei e comunque nella piazza dominano elegantemente neoclassico il teatro costruito da Schinkel durante la Restaurazione e il monumento a Friedrich Schiller.
In ultimissima annotazione non puoi fare a meno di renderti conto che il gotico non è passato da qui. Sembra quasi impossibile. Eppure quello stile che ha contribuito  a riempire di chiese tutta l’Europa ma soprattutto l’Italia dove si è innestato sul romanico, non ha lasciato gran che in tutto il Brandeburgo. Qui a Berlino una delle poche testimonianze è una chiesetta bicuspidata nei pressi di Alexanderplatz. 

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