Sull'ultimo numero di 'Il segnale percorsi di ricerca letteraria' Sebastiano Aglieco mi dedica una scheda critica che qui riporto.
Paolo Rabissi, Bestie, Animali, Specie, youcanprint 2023
Corteggia un’andatura poematica questa seconda prova di Paolo Rabissi; forse nel tentativo di dare un senso al procedere nefasto delle vicende umane, e persino naturali.
Così le tre parole che vanno a costituire il titolo in una processione apparentemente cronologica,
suggeriscono, piuttosto, le atmosfere di un’origine comune: l’antica casa in cui i nostri progenitori
mossero i loro primi passi segnando per sempre il nostro destino.
Il primo capitolo, dunque, evoca la presenza di Lucy, il celebre australopithecus afarensis, indicato come “reperto A.L. 288-1, Transizione all’umano”.
Evidentemente, però, Rabissi non è interessato a una disquisizione scientifica sull’origine, ma sul senso del nostro agire in libertà totale o in totale mancanza di responsabilità. Per naturale
conseguenza dei temi trattati, l’autore sceglie come nume tutelare del suo pensiero il pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi: “l’universo esistente è il peggiore degli universi possibili”, dichiarando la necessità dell’esercizio poetico in opposizione alla naturale distopia a cui vanno incontro tutti i sistemi, fisici e antropologici.
La poesia è dunque un gesto reattivo di responsabilità e di possibilità: “ecco che maneggiare
millenni diventa / addirittura possibile, lo scrittore di versi / si sente a casa quando la parola che
usa / è senza dubbi la più vicina al senso, / allora la verità non è davvero solo / la somma degli
anni”, p. 15.
Rabissi corteggia in questo modo l’idea di una poesia di stampo “naturalistico”, e cioè forma di
una conoscenza che non contraddice le cause naturali, piuttosto le affianca e le approfondisce. “Ci vuole coraggio a fare di una riga un verso / accendere parole senza incendiarle”, p. 39.
Il libro è attraversato da sguardi di umanità a passo calmo. Si ha l’impressione, infatti, che per
colmare il vuoto ontologico che ci attraversa, Rabissi si appelli allo sguardo frontale degli uomini:
“guardare i passanti diritto negli occhi”, p 39, indagando le conseguenze dei ruoli sociali, le diatribe dei destini.
Ma il libro è soprattutto una struttura in movimento, attraversata da esigenze di sintesi filosofiche
e da slanci verso lasse poematiche che evocano nature, presenze, storie ( si legga tutta la sezione “Diario di Occidente”), con un evidente utilizzo di modi derivanti ”dalla lezione del verso lungo statunitense”, come precisa Franco Romanò nell’esauriente introduzione.
Il punto di riferimento è costantemente il pensiero di Leopardi, citato ancora una volta nell’ultima
sezione: “Movimenti - Metaloghi”. La polemica questa volta riguarda il ruolo delle macchine nella
società moderna, in netto contrasto con l’esercizio di un pensiero aperto - metalogo - a schema
possibilista, riconducibile a una riflessione non precostituita e senza soluzioni univoche.
Il poeta giardiniere che si prende cura del suo giardino, in stretto rapporto con gli esseri biologici e con la funzione che essi rivestono nel contesto di un mondo sempre più complesso, eppure
antichissimo, imbastisce dialoghi, resoconti, punti di vista, scoprendo di non essere molto diverso da una cavalletta, da un lombrico, da una farfalla. Riflette sulla funzione naturale della lotta e della violenza restituendoci, infine, la realtà di una biologia complessa dove l’umano è parte del tutto, preda e predatore, vicinanza empatica e distacco, scelta del baratro e resilienza.
Sebastiano Aglieco