sto leggendo le commedie di Aristofane e sono sorpreso dall'ennesima prova di quanto la nostra cultura non sia altro che un'articolazione di quella greca classica. Rischio la banalità, lo so. Mettila sul conto della mia naivetè e della mia ignoranza. Lisistrata ovviamente è stata reinterpretata come protofemminista. Ma Aristofane non potrebbe essere più lontano da ciò. E non perché invece è maschilista (e neanche perché, più verosimilmente, era misogino, che in certi casi è pure da capire) ma perché al contrario è portatore assolutamente organico del patriarcato: all'interno del quale a noi interessa la codificazione irrigidita dei ruoli, che genera i fondamentalismi (il possesso e la violenza legalizzati sul corpo delle donne) e in tempi favorevoli genera l'emancipazionismo che di per sé non modifica la sostanza del patriarcato, anzi lo rinforza, come la liberazione degli schiavi neri rinforza il sistema di fabbrica.
Insomma nel quinto secolo a.c. (Lisistrata viene rappresentata per la prima volta nel 411) il patriarcato è già al suo apice nella società greca tanto che il sistema culturale può esprimersi al massimo. Non mi interessa dunque rintracciare lì nella commedia di Aristofane, sintomi di rivoluzionamenti, mi interessa rilevare che lì i ruoli sono così vivi che ormai nessuno mette in dubbio che siano 'naturali', nessuno sa più che sono nati da una ipotesi di lavoro resa necessaria per la sopravvivenza. Così ad esempio l'uomo è in sostanza un guerriero e la donna è una casalinga che ama le relazioni, i sentimenti e la pace. Lisistrata che occupa l'acropoli con le donne ateniesi e spartane le invita a sacrificare il proprio desiderio sessuale (potranno magari consolarsi con quel fallo di cuoio che artigiani di Mileto hanno messo sul mercato) sottraendosi contemporaneamente all'intimità con i propri uomini, sapendo che questi ultimi per riottenerla saranno più disposti a concedere quanto sta a cuore a Lisistrata, cioè la dichiarazione di pace tra ateniesi e spartani (siamo in piena guerra del Peloponneso).
Sembra quasi femminismo ma è solo assunzione di soggettività della donna dentro il patriarcato: che fa vincere qualche battaglia, e la storia qua e là ce ne dà tanti di esempi, ma perdere la guerra.
Da cosa si deduce ancora l'organicità al patriarcato di Aristofane? Dal suo immaginario erotico. Prima di tutto che lo stimolo sessuale non possa che trovare appagamento dentro la vagina. Non dentro un culo né tra le mani (come Lisistrata invita a fare). In una delle scene finali gli uomini si presentano alle trattative con le donne con i cazzi ritti a dimostrare che i loro appetito sessuale senza le donne non poteva essere soddisfatto. Certo Aristofane conosce le altre risorse ma l'uomo vero, che espone a un pubblico la propria cultura e dunque ciò che fanno i maschi per bene, non può che essere rappresentato in questa maniera.
Le donne vestono baby doll, hanno una quantità incredibile di scarpe, si truccano e profumano e amano l'uomo profumato e coi peli nel culo: Aristofane quasi senza accorgersene sollecita all'accettazione di un immaginario erotico che anzitutto è maschile e non femminile e lo spaccia per naturale, al quale come tale la 'vera' donna deve uniformarsi. Lisistrata è una donna messa in scena da un maschio, portatore di un patriarcato mite ovviamente non fondamentalista. Un patriarcato non fondamentalista ma sempre ordine 'naturale' del mondo.
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