Eritrea, la depressione di Afar, Dancalia |
Lucy, reperto A.L. 288-1 (a Adriana)
ecco che maneggiare millenni diventa
addirittura possibile, lo scrittore di versi
si sente a casa quando la parola che usa
è senza dubbi la più vicina al senso,
allora la verità non è davvero solo
la somma degli anni, in certi casi rischia
di folgorare, l’attenzione si raddoppia se lo scarto
col presente diviene da secolare millenario,
qualcuno azzarda lemmi poco collaudati se
si tratta di milioni di anni. La vertigine
ora può farsi smarrimento il computo oltremodo
estendendosi di anni, bastano pochi reperti
catalogati e conservati e ti ritrovi compagno
per strade non visibili
per paesaggi che la Storia non raggiunge.
A volerlo riconoscere il territorio di Lucy
una mappa non basterebbe nemmeno
per le più abili scritture dello spazio,
ma qui è in gioco il multitempo esteso simultaneo
tra qui e allora, il reperto recita A.L.
288-1 tremilioni di anni
o poco più, Lucy nome cantato nei settanta
cammina già eretta ma con le braccia ciondoloni
afferra il ramo, ci vive sicura ci dorme più sicura.
Ecco il paesaggio si aggiusta in presenza e la mappa
si fa trasparente di secoli, giorni, ore.
Il muco secreto ora ha quell’odore lì,
anche rami e foglie hanno l’odore grosso, la lingua
salata, l’occhio allucinato. Verranno
in molti, fa senso montare sul ramo più alto
nell’intrico più aggrovigliato arriverà
il più agile e veloce, trapasserà il suo seme
a balzi di secoli e millenni, un mucchietto di enzimi,
di geni trascritti in sequenze speciali.
Quanto ci vuole perché un salto di milioni
di anni riveli il salto evolutivo di un dito
divenuto opponibile capace di spezzare
un ramo e usarlo come bastone?
Lucy disarma solo al mattino quando raschia
la terra in cerca di radici, nel giorno affocato
di luce l’intrico più alto dei rami è ancora
rifugio, il chiarore notturno svela libere erbe
alte della savana sonora e senza orizzonti.
L’occhio di Lucy perfora millenni, salda ovunque
le mani al vuoto e al pieno, scende la costa
di altipiani sollevatisi un tempo come spalle
di gigante coi piedi infuocati nel magma,
barriere naturali per un pianoro infinito di erbe
macchie cespugli, l’umido si scioglie, il clima
più secco fa arretrare la foresta. Si fa il territorio
ospitale e Lucy e i suoi simili, a ridosso di strisce
magnetiche nella depressione di Afar, affrontano
la savana e allenano posture erette in difesa.
Born to run, come in quegli stessi settanta
cantavano in America, la migrazione iniziò
verso Est, un’espressione di fede non più
solo verso la natura, c’è ormai di mezzo la Storia
la pietra scheggiata il prolungamento degli arti
la manutenzione del fuoco, tutto per una eccedenza
vitale inesauribile che spinge i più verso tutti
i confini del pianeta, lascia indietro solo
chi ha nostalgia e si dedica al restauro dei resti.
Quelli rimasti oggi li chiamano Dancali.
La loro figura è snella e i lineamenti
molto fini. Allevano cammelli e vendono
il sale abbondante di antichi laghi costieri
evaporati. Le piccole capanne ricoprono
di rami e stuoie, le fanno annidate intorno
a caverne naturali, nelle regioni costiere
costruiscono ricoveri a forma cilindrica
con pietre sovrapposte a secco.
Qualcuno potrebbe pensare che la natura
voglia imporre le sue ragioni alla Storia,
vulcani e terremoti sono sempre più frequenti
deformano di continuo la depressione di Afar
dove stavano i resti di Lucy.
La roccia vulcanica fragile cede e il pianoro
si abbassa lentamente, silenzioso penetra l’oceano.
L’inabissamento dell’intero territorio è previsto
entro il millennio.
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RispondiEliminaChe meraviglia Paolo! Commovente e mi trovi in grande sintonia con il mio vecchio che intagliata il legno.
RispondiEliminabeh agitiamo gli stessi problemi!
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