La ripetizione è un atto d'amore.
Una frase, anzi un verso, che ho conosciuto circa dieci anni fa. Uno di quegli incontri che hanno il potere di modificare non la realtà ma la percezione che hai di essa. Ancora oggi serbo riconoscenza verso l'autore presso cui l'ho conosciuta, un noto poeta milanese (conservo almeno per ora la scelta di non dichiarare i nomi interi, o di nominare solo le iniziali, di amici, poete e poeti viventi, al contrario dei non più viventi), e questo indipendentemente dal fatto che anche altri possano averla detta.
Ci rifletto oggi perché mi sono imbattuto nella sua negazione.
E anche questa volta è stata una sorta di folgorazione. Andiamo con ordine.
A giudicare dall'accoglienza istintiva che ho riservato a suo tempo a quell'espressione direi che l'assunto sottinteso, che la ripetizione non ha nulla a che vedere con l'amore, doveva avere in me radici superficiali. Tuttavia c'erano, ma alimentavano più un atteggiamento, contratto in circostanze poco interessanti, una postura d'imitazione, un certo rifiuto snob, come se il rifuggire dalla ripetizione di gesti, situazioni, incontri contribuisse a garantirmi l'immagine di afflitto da ennui de l'existence, che negli anni cinquanta affascinava, un po' confusamente, i giovani come me. Relegato quell'atteggiamento nella memoria e con quella disposizione d'animo dell'uomo adulto pronta a spostarsi sui margini simmetricamente opposti a un vissuto giovanile, superficiale o meno che fosse, quando mi sono imbattuto in quel verso l'ho riconosciuto come mio e l'ho pronunciato in tante occasioni. Con la stessa determinazione che si ha quando si è mossi dal ritenere che nominare una cosa significhi comprovarne l'esistenza.
Ieri sera stavo addormentandomi sulle pagine di 'Empirismo eretico' di Pier Paolo Pasolini. E ho perso completamente il sonno quando nella sua disamina sulla lingua nazionale italiana si sofferma sul carattere dello slogan pubblicitario.
Che abbia una sua carica di espressività potente lo sappiamo tutti da tanto tempo. Non a caso, dicevo qualche giorno fa in uno di questi post, usavo gli slogans pubblicitari con i ragazzi a scuola per fargli capire qualcuna delle figure retoriche più usate nella scrittura. La potenza espressiva degli slogans, dice però Pasolini, viene completamente annullata dalla sua ripetitività soprattutto nella televisione: '...attraverso la ripetizione la sua espressività perde ogni carattere proprio, si fossilizza, e diventa totalmente comunicativa, comunicativa fino al più brutale finalismo'. Che ovviamente è quello di fissare nella testa di chi ascolta e guarda la necessità di possedere l'oggetto reclamizzato.
Non sempre la ripetizione è un atto d'amore.
Ho pensato anch´io da un certo momento in poi che la nozione freudiana di coazione a ripetere contenesse un limite, se estesa troppo fino a diventare un modo di interpretare troppe cose. Naturalmetne l´estensione non e´ necessariametne una responsabilita´ di Freud pero´ anche rimanendo dentro il circuito psicologico, la ripteizione puo´ essere anche un atto d´ amore di devozione o altro. Certo bisogna distinguere fra atteggiamenti coatti e libere scelte, tuttavia, credo anch´ io che nell´azione del ripetere non sia tutto ba buttare... anche politicametne e socialmente
RispondiEliminaNaturalmente la pubblicita´ e anche la stereotipia dello slogan politico, sono esattamente atteggiamenti coatti e quindi si tratta di ripetizioni che non sono atti d´amore, forse in alcuni casi giaculatorie, formule quasi propiziatorie. Pero´ anche in questo caso mi domando: la stereotipia sta nel contenuto in se´ oppure nel fatto che la steoreotipia lo cancella nel senso che non si ricorda ppiu´ bene che cosa sta omaggiando con quello slogan? Naturalmente in questo caso non mi riferisco alla televisione.
RispondiEliminaLa figura retorica serve ad aumentare la carica espressiva, la ripetizione è dunque una scelta espressiva. il contenuto in sé acquista con la figura retorica maggior peso e capacità di trascinare anche fino al punto che il contenuto in sé viene dimenticato, in questo caso in politica finisce con l'avere la meglio il personaggio, l'autore che oltre alla ripetizione si serve contemporaneamente anche di altre suggestioni, come la voce, lo sguardo, ecc.
RispondiEliminaOggi la rettorica è in mano alle multinazionali. Io credo che scrivere oggi poesia e righe significhi rinunciare alla maggior parte dei mezzi che rendano suggestiva la parole.