Mai come ora, che nell’alveo delle guerre in corso si perdono i contorni delle cose e delle persone, la differenza tra Storia e storie appare necessaria. Conforta che compaia un libro come quello di Carlo Greppi “storie che non fanno la storia” (Laterza ’24) nel quale si rivendica il diritto all’esistenza delle ‘storie piccole’ trascurate e insaccate nelle pieghe della Storia. Conforta che Franco Romanò nel suo blog – francoromano.it - nel post intitolato ‘Dubbio e verità’ ponga l’accento sulla necessità della testimonianza di tutti i viventi: ”... è il coro delle testimonianze a dire la verità di un’epoca e forse allora anche la poesia, se la intendiamo in questo modo, può essere di nuovo un modo di testimoniare dove, in un’epoca come la nostra, si colloca il limite che è bene non superare, l’assenza che genera il vuoto che deriva dalla mancanza di senso”.
Il tema è centrale anche all'interno del libro appena pubblicato "di epica nuova, laboratorio di poesia critica". Al suo interno Adriana Perrotta Rabissi, intervenuta alla rassegna ‘poesia e storia’ tenuta dagli autori del libro nella libreria F. Angeli in bicocca nel 2014, a pag.148 del libro così introduce il tema: “...le figure, i paesaggi, le situazioni che di epica nuova chiama in causa per un verso riguardano la nostra vita presente e quotidiana collettiva e individuale pur con le dovute distinzioni di condizioni socio economiche di esperienze di vita e di pensiero, chiamano in causa cioè la Storia con la S maiuscola e le storie: non enfatizzerei una netta separazione tra l'una e le altre perché si tengono in stretto collegamento influenzandosi a vicenda come del resto ha mostrato con maestria Elsa Morante. Per un altro verso la vostra proposta di un' epica nuova tratteggia figure, rimanda a situazioni, delinea paesaggi esteriori e interiori che abbiamo conosciuto con altri nomi e in altre epoche, elementi che fanno parte del nostro modo di sentire, pensare, parlare, del nostro immaginario quindi comune oltre che artistico, che abbiamo appreso fin dalla nostra venuta al mondo nella comunità di parlanti alla quale apparteniamo”.
Alessandra Paganardi, nel tenere a battesimo il libro nel suo studio, ha colto da subito l’importanza di questa distinzione, richiamando proprio l’intervento citato. E’ stata la chiave di lettura che ha permesso alla serata di svolgersi con grande senso. Sono seguiti allora quasi coralmente gli interventi degli autori e autrici presenti nel libro e alla serata, come Nino Iacovella, Laura Cantelmo, oltre che Franco Romanò e me stesso (che nel libro siamo presenti anche come autori) i quali hanno commentato e letto, dalle pagine a loro dedicate, versi che in modi diversi hanno articolato e confermato le premesse.
Un’ultima nota conclusiva: la presentazione di Paganardi ha colto un altro aspetto decisivo del libro: si tratta di un’opera che apre strade. Lo ha ribadito avvertendo che alla lettura le è sembrato di aprire un cantiere dai lavori tuttora in corso...