Anche molti compagni e amici di strada come me hanno letto molto poco del romanziere Umberto Eco, quasi tutti invece non hanno dubbi nel ritenere assolutamente importanti, soprattutto per l'opera di svecchiamento attuata nel nostro provincialissimo paese, libri come Opera aperta, Diario minimo e Apocalittici e integrati.
L'aspetto forse più interessante, per le sorti della nostra intellighenzia, è la disinvoltura con cui Eco si è impossessato di un linguaggio che miscelando alto e basso, accento elitario e toni di massa, ha 'sfondato' in libreria raggiungendo, moltissimo altrove peraltro, tirature insolite per il nostro paese.
Franco Fortini, ma non solo lui, rilevò a suo tempo superficialità e opportunismi dell'operazione ma di lui trovo interessante un suo giudizio più generale apparso in Il dolore della verità, Maggiani incontra Fortini, (Manni 2000), nel quale afferma: "Nessuno scrittore americano si fa problemi per i diritti d'autore, scrivono e sperano di fare soldi (a parte pochi e isolati), sanno come ci si regola. Qui da noi alcuni hanno preso questa cittadinanza (come Umberto Eco), ma molti altri si fanno problemi e non sanno bene cosa vogliono, se il 17° migliaio o la tomba in Santa Croce: questo è un fatto tipico della frontiera, e mi sento di aggiungere che non siamo e non saremo mai la 50° stella".
Sono parole degli anni Ottanta ma a distanza di più di quarant'anni c'è da chiedersi quanto dell'ultima considerazione valga ancora per certa nostra foltissima produzione poetica che tra linguaggio colto o comunque poco accessibile e linguaggio da certe slam poetry sembra ancora indecisa se aspirare a vendere o a procurarsi la tomba in Santa Croce (ammesso che Foscolo venga ancora letto!). Io spero che decidano di imparare a vendere.
Direi contundente non poco!
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