di Nino Iacovella
Dentro le vene del secolo
Paolo Rabissi è da sempre un attivista gentile della poesia e dell’impegno civile, ma un attivista nel senso più profondo del termine: come poeta, non si è mai chiuso nel ristretto ambito della propria scrittura, piuttosto ha cercato sempre l’arte dell’incontro e della condivisione letteraria. La sua attività si è concretizzata, tra le altre cose, attraverso la partecipazione a due delle riviste di poesia più dinamiche della sua città: La Mosca di Milano e Il Monte Analogo.
Costante nella sua ricerca poetica, Rabissi ha sempre cercato di andare oltre gli schemi del lirismo minimalista e del disimpegno, affrontando la scrittura con un senso di responsabilità verso il presente. In questa direzione, insieme a Franco Romanò, ha ideato un osservatorio tematico della poesia – il litblog Diepicanuova – un progetto che si distaccava dalle consuete tematiche e dal linguaggio del lirico per aprirsi a un percorso collettivo che riscopriva l’epico, inteso come una poesia capace di affrontare la Storia, le sue tragedie, ma anche le sfide del presente, rinnovando la possibilità della narrazione in versi. Un’esigenza che oggi appare particolarmente in sintonia con lo spirito dei tempi.
La sua ultima opera in versi, Bestie Animali Specie, autoprodotta nel 2023 e accompagnata da una prefazione di Franco Romanò, nasce da questo stesso impegno. Il libro si sviluppa in un montaggio che, pur presentandosi come frammentato, segue una trama poematica e tematica che attraversa l’epopea umana, in particolare quella del Novecento: il secolo breve che l’autore ha vissuto, dalle sue cicatrici postbelliche fino alle inquietudini della crisi globale attuale. Il titolo stesso, Bestie Animali Specie, con la sua valenza tassonomica, suggerisce una visione dell’evoluzione umana come un processo che va dal livello più primitivo fino all’attuale condizione, come se l’uomo si fosse progressivamente raffinato attraverso un “imbuto” che condensa la sua esistenza e la sua storia.
Rabissi ci parla da una fase della storia che ha superato la tragedia del Novecento: ha consumato i suoi drammi, ma anche le sue passioni, quelle relative alla ricostruzione di un mondo nuovo, più equo e umanamente profondo. Come in un film, il climax è ormai alle spalle e ci troviamo nella fase di scioglimento, quella in cui i bilanci sono stati fatti. Nell’ultima sezione del libro, dedicata ai metaloghi, l’autore, mentre si dedica alla sua routine di giardinaggio, si apre a un dialogo con sé stesso, sotto forma di una discussione metafisica con un grillo, creando un momento di introspezione che intreccia il quotidiano con la riflessione profonda.
Per Rabissi, fare poesia significa aprirsi alla Storia, ripercorrere il cammino della propria vita e del destino collettivo di una generazione che ha visto la società deviare dal suo percorso evolutivo più felice. La traiettoria progressista, quella grande ambizione che si è scontrata con le macerie della “fine della storia” evocata da Fukuyama, lascia all’autore il compito di raccontare il disincanto.
Il suo stile poetico si distingue per un’andatura prosastica, limpida e precisa, dove, come avrebbe detto Giampiero Neri, ogni parola deve aderire al suo significato, e ogni verso deve trovare il giusto equilibrio tra sensazione e forma. Se necessaria basta una semplice martellatura del verso. La storia e il pensiero filosofico, per Rabissi, non sono separabili dalla poesia: devono, anzi, trovare il loro spazio all’interno di essa, come se ogni testo poetico fosse un frammento di una riflessione più ampia.
Bestie
Animali
Specie
ecco che maneggiare millenni diventa
addirittura possibile, lo scrittore di versi
si sente a casa quando la parola che usa
è senza dubbi la più vicina al senso,
allora la verità non è davvero solo
la somma degli anni, in certi casi rischia
di folgorare, l’attenzione si raddoppia se lo scarto
col presente diviene da secolare millenario,
qualcuno azzarda lemmi poco collaudati se
si tratta di milioni di anni. La vertigine
ora può farsi smarrimento il computo oltremodo
estendendosi di anni, bastano pochi reperti
catalogati e conservati e ti ritrovi compagno
per strade non visibili
per paesaggi che la Storia non raggiunge
***
Per uscire sulla strada parallela
fai portone corte portone,
lo apri e ci sei,
da lì, ogni giorno, il mare s’intravede.
Il più è quell’attraversamento.
In solitudine, a sera, dicono di topi
grossi come gatti.
Con la pioggia la distanza raddoppia,
eppure è l’acqua di tutti i giorni.
***
Ci vuole coraggio per fare di una riga un verso
accendere parole senza incendiarle
guardare i passanti diritto negli occhi.
Claudio a tarda sera traccia una serpentina
sul sentiero, non sbaglia la meta
ma alberi e cielo e uccelli notturni
ruotano insieme sulla sua testa.
Nella sua branda la brace della sigaretta
s’illumina a tratti nel buio per tutta la notte
***
Non si batte la concorrenza con cyborg serventi
semplificatori di orario senza urgenze corporali,
checché ne dicano i poeti pronti a dargli fiati
desideranti. Per ora gli umani costano meno,
meno persino di bestie da soma,
meglio svitare la testa e sostituirla.
Una modifica stabile ed ereditabile
nella sequenza di un genoma, come esito
dovuto di gesti ripetuti all’ infinito, di posture
ripetute all’infinito, fino a farsi inclinazioni
sentimentali.
Ad esempio testare, se funziona.
la lampadina, accenderla e riporla con le altre
sul nastro portatore che squadra il giorno, ritma
ore e fatica. Quante volte in otto ore? Che modifica
ha contratto la giovane operaia? La domanda
a monte è quella di metterci cura,
quella fin lì destinata solo a pochi.
***
In quegli anni la luce era accecante, si pensava
di sostenerla camminando obliqui come l’angelo della Storia
un occhio alle macerie un occhio all’ignoto futuro.
Ora sposta pure lo sguardo sulle periferie
delle città imperiali, portala con te la luce marina
come quando con la tua fotocamera catturi
la luce più viva pigiando a metà l’otturatore.
***
Bello il tuo universo irrequieto e pullulante
di atomi infinitamente piccoli, polverio
colorato di particelle elementari in vibrazione
che chiacchierano tra loro, si scambiano parti
si travestono mutanti dal semplice
al complesso e viceversa, mondi in relazione
senza fine. Ecco, se il tuo Universo è scritto in versi
proviamo a strappare bellezza alla gravità,
a disegnare geometrie leggere
a scambiarci segnali di luce di mondi appena
possibili, ancora opachi alla debole vista