giovedì 28 gennaio 2021

Dante, padre della poesia, guerriero e militante politico

 


plastico della battaglia di Campaldino (1289)


Mi scrive un caro amico del '68, storico del movimento operaio (al quale mi introdusse): "...Anno di Dante, anno della poesia, promette bene... Mi piacerebbe leggere un tuo commento, un pensiero,  su Dante. Avevo sentito il bisogno di rileggerlo qualche anno fa, mi era parso di ringiovanire, non per ricordi di scuola, ma per un ritorno alle radici della conoscenza. Pre-marxista."

A lui ho risposto: "
Il pensiero bello l'hai già fatto tu, non possiamo che riconoscerci tutti nel viaggio alle radici della conoscenza, a leggere Dante. Poi, siccome, come dice Bachtin, l'autore è quello che diviene nella lettura e interpretazione dei suoi lettori, posso solo aggiungere una considerazione di questo tipo. E cioè che Dante è stato sormontato per secoli dal petrarchismo e che soprattutto Ottocento e in parte il Novecento, nel recuperarlo, hanno finito col tenere separata la sua sorte di uomo da quella del poeta. Il '68 contribuisce un po' a ricomporre. A me interessa in particolare mettere l'accento sulla sua figura di combattente. Partecipe anche rumoroso della dolce vita fiorentina, diventa adulto nel'89 a Campaldino. Fa parte dei 'feditores', la prima linea di cavalieri armati che deve aprire lo scontro. Riesci a immaginarlo sul cavallo bardatissimo e lui stesso in calzamaglia di ferro corazza elmo piumato lancia e spadone che mena fendenti? Da qualche parte, non ricordo dove (ma Alessando Barbero, nella sua recente biografia di Dante ha scritto in merito pagine illuminanti) deve aver nominato la sua spada insanguinata. Guerriero e militante politico, fendenti continua a menarli sul suo presente di papi corrotti e ignobili borghesi che fanno mercato di tutto e rovinano con l'usura i costumi e la morale non solo fiorentini.
Che ne è stato di questa militanza nelle letture successive? Molto poco. Il petrarchismo ha avuto la meglio. Ancora a Novecento inoltrato i nostri premi Nobel, Quasimodo e Montale (meglio tutto sommato ha fatto Deledda da scrittrice di righe) si sono contenuti abbastanza nel riserbo, l'uno - "come potevamo noi cantare/ con il piede straniero sopra il cuore?" - chiudendosi nel suo ermetismo prezioso, l'altro riservandoci l'assunto del "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" come unico messaggio di resistenza, che comunque, devo ammettere, non era poco.
Qualcosa sta cambiando. Ma animare come fa Dante i versi di scontri, di conflitti, di rivoluzioni scientifiche, di quelle politiche, dello sconvolgimento epocale della globalizzazione, della comparsa di soggettività nuove, insomma del presente come Storia, richiede di inventare linguaggi nuovi, formule nuove di versificazione, uno sguardo diverso. Percorso non breve né facile, con un amico poeta e scrittore abbiamo aperto un blog che si chiama 'diepicanuova' (qui). Lì discutiamo e presentiamo autori che vanno in quella direzione."