martedì 21 aprile 2020

Emozioni e ragione, il prof il primo giorno di scuola



Una questione di metodo. Buona anche in questo tempo di coronavirus.

Mi arriva dalla citazione che Raffaele Sciortino fa a un certo punto nel suo ultimo libro -I dieci anni che sconvolsero il mondo (Asterios, 2018) – tratta dalle Glosse marginali di critica all’articolo “Il re di Prussia e la riforma sociale, firmato: un Prussiano” di Karl Marx del 1844.


Scrive Sciortino:

Prima di procedere all’ultima parte di questo lavoro è bene tenere presente, senza nasconderci la quasi abissale distanza di contesto storico, un’avvertenza di metodo ovvero di sostanza formulata da un giovane tedesco a metà ottocento:


L’unico compito di una mente pensante amante della verità di fronte ad una prima esplosione della rivolta degli operai salesiani, non consisteva nel sostenere il ruolo del pedagogo di questo avvenimento, ma piuttosto nello studiarne il peculiare carattere. A ciò si richiede soprattutto una certa perspicacia scientifica e un certo amore per l’umanità, mentre per l’altra operazione è più che sufficiente una fraseologia spedita intinta in una vuota compiacenza.


La chiave di questo passo sta a mio parere nell’uso ripetuto di Marx dell’aggettivo ‘certo/a’. Quello che Marx ritiene necessario di fronte ad un evento, una ricerca, un'esperienza, è non una generica perspicacia scientifica, ma una ‘certa’ perspicacia scientifica, ‘certa’, cioè sicura, vera, accertata.

Credo di possedere una perspicacia scientifica però niente affatto sicura, accertata. Mi basta però. Riesco a cogliere, in superficie, la qualità scientifica di materiale filosofico, matematico, antropologico, ecc. Seguo ‘certe’ regole però quando parlo di Storia e di Poesia (scrivo Storia con la maiuscola perché la Storia non è la mia storia, scrivo Poesia perché non parlo della mia poesia). L’uso attento delle fonti per la Storia e la conoscenza dei caratteri specifici della scrittura poetica mi fa sentire a posto.

Quando a scuola mi trovavo a fare incursioni in discipline scientifiche con le quali avevo una familiarità per l’appunto solo scolastica, curavo di avvisare che quanto andavo affermando sulle loro caratteristiche era sicuramente parziale, quello che volevo era suscitare in loro solo qualche curiosità in più e che quanto dicevo poteva bastare solo a farsi un’idea generica, insomma li invitavo ad andare oltre me. Fermo restando che nelle due discipline di cui ero diretto responsabile dovevano seguire le mie indicazioni di percorso.

Il mio materiale specifico da dover studiare per coglierne i caratteri peculiari erano di fatto i miei allievi e cambiava tutti gli anni, ogni anno avevo nel triennio finale dell’Istituto in cui insegnavo una nuova terza classe che avrei condotto fino alla maturità.

La mia ‘perspicacia scientifica’, con l’andare degli anni, divenne sempre più certa. Ma di fronte a quell’evento il mio impegno che poteva contare sull’esperienza passata era ugualmente tesissima perché sapevo che quegli allievi erano comunque diversi dai precedenti e avrebbero messo all’inizio un po’ in crisi le forme di una relazione ancora una volta tutta da scoprire.

Ho sempre avuto una decisa attenzione a non farmi pedagogo in quel nuovo evento della relazione che stava nascendo. Allievi e allieve hanno un fiuto speciale – nulla di scientifico ma di cui tenere conto – che li/e mette in grado da subito di capire di che pasta è il prof. Mettermi a fare il pedagogo significava partire col piede sbagliato, con conseguenze durature. Occorreva dare giusta importanza a quella situazione mescolando il facile col difficile. Ma soprattutto rinunciare a qualsiasi compiacimento narcisistico, una delle cadute di stile di un prof più frequenti. Allievi e allieve sanno come impostare la loro relazione dalla quantità di narcisismo che il prof esibisce nella prima ora di lezione di un nuovo ciclo scolastico approfittando della sua posizione di potere, della sua padronanza del linguaggio.

Ma poi Marx avverte appunto, la tensione scientifica senza un sicuro amore per l’umanità non va molto lontana. Osservazione di metodo quanto mai opportuna in tempo di pandemia.

Che ne sarebbe stato del mio piacere nell’insegnamento se non avessi amato senza riserve il primo giorno di scuola di una serie infinita di anni scolastici con quell’incontro di così profonda emozione e di tensione della ragione?

giovedì 16 aprile 2020

Una riflessione a due su paura e sgomento al tempo del coronavirus


di Adriana Perrotta e Paolo Rabissi
L'emergenza da coronavirus in corso ci mette di fronte a episodi che non tranquillizzano per niente sul futuro. Le tentazioni autoritarie nel nostro paese hanno una storia lunga ma l'emergenza in corso fa temere a molti una loro presa maggiore, cosa che non poche delle forze politiche in gioco non mascherano più di tanto nei loro proclami e inviti, che vengano dall'opposizione di destra o da certi settori del governo.
Soprattutto si teme che le necessarie misure, prese di autorità dal governo per contenere il contagio, possano residuare sul lungo periodo imposizioni e diminuzione di libertà civili. Una realtà che avrà purtroppo la sua legittimazione tecnica se è vero come sembra che gli effetti del coronavirus possono durare anche uno o due anni, se è vero come sembra che i corona virus mutano e che già nel prossimo autunno potrebbero ripresentarsi sotto altre forme.
Tuttavia quello che ci preme, e dovrebbe premere a chiunque, è di non contribuire in alcun modo a diffondere smarrimento e paure, alimentare isterie individuali e collettive, per cui sentiamo l'obbligo di prendere posizione contro coloro che invece lo fanno. Di fronte a quattro cretini in divisa, che investiti finalmente di un po' di autorità ne approfittano per vessare cittadini e cittadine, certuni/e finiscono col denunciare come inutili i provvedimenti di restrizione alla nostra vita quotidiana e col sollecitare alla ribellione in nome dell'antiautoritarismo dal quale la nostra generazione e le successive provengono. Posizione ambigua, soprattutto perché paladini strenui delle libertà democratiche oggi sono i partiti di destra. Ma posizione anche isterica perché gridare al lupo al lupo in questo caso è semplicismo politico, occorrerebbe spiegare se si è convinti/e che la diffusione del virus avviene per contagio oppure per sfiga o per dannazione dei Sapientes all'autodistruzione. Siccome avviene per vicinanza e contatto l'unica cosa da fare è stare alla larga dal prossimo tuo. Certo si possono  suggerire, e qui i social, i centri di controinformazione la rete ecc possono fare molto, modifiche, attenuazioni, priorità. Senza disinvolte pressioni della pancia.

Poi ci sono certi/e intellettuali che farebbero meglio a stare zitti/e.
In rete, nei fogli on line, abbondano. Abbondano anche altrove. Hanno purtroppo il piglio moralistico con il quale ci si accusa di non renderci conto dell'abisso di inciviltà in cui avremmo accettato di piombare ubbidendo alle restrizioni: crediamo sia da respingere in toto, è una posizione che  non riconosce gli affanni, i tentativi di andare avanti, malgrado paure e insicurezze in agguato, le riflessioni condotte da molte/i e le pratiche e le iniziative messe in atto, anche nell'attuale situazione, per trarre da questa sciagurata emergenza, perché di questo si tratta e non di una invenzione dell'orrido Potere, insegnamenti per evitare di tornare tout court alla "normalità" precedente, che non ci piaceva e che già combattevamo culturalmente, socialmente, politicamente. Non so se ci riusciremo, o saremo stroncate/i, ma forse occorrerebbero parole di incoraggiamento, piuttosto che altezzose reprimende da parte di chi "ha capito tutto".
Ci sono anche quelli/e che sostengono che il paese di fronte al virus è crollato eticamente e politicamente. Lasciamo stare che a buona ragione uno potrebbe dire che è da mo' che è crollato, epperò la maggior parte dei cittadini/e ha accettato le misure di sicurezza, la Confindustria ha continuato a fare la Confindustria, gli/le operai/e che hanno dovuto lavorare hanno continuato anche a scioperare per ottenere maggiori garanzie, compresi i driver. Che poi il governo ci provi a fare il di più c'era da aspettarselo, continuiamo comunque nel parere che in casa bisogna restare: ma davvero non c'è più nessuna fiducia che se dovesse esagerare e approfittarne troppo una buona parte del paese non gli scatenerebbe addosso una reazione (noi vecchietti compresi)? Non ci crediamo. L'unico problema sarà che prima a farla sarà la destra, in nome delle libertà morali, etiche e costituzionali di cui è diventata depositaria. Grazie anche alla fu sinistra.
Si parla di aggressioni e delazioni da parte di vicini/e di casa? di caccia agli untori? di abusi di forze dell'ordine?...Non è che siano proprio delle novità! Sarà che queste cose si sono intensificate da quando una sciagurata destra al potere economico, finanziario, culturale - e ci mettiamo dentro certa parte della "sinistra istituzionale" - ha occupato i posti dirigenziali di questo sfortunato paese. Lavoratori non italiani uccisi, non italiani accusati di essere stupratori in quanto etnia... E poi Carlo Giuliani, Cucchi, Aldrovandi, Varalli e Zibecchi..., Genova, con i responsabili premiati, arresti di chi manifesta contro il Tav, migranti lasciati morire in mare... Questo e molto altro è il recente nostro passato repressivo, da quando si è lacerato il tessuto sociale e democratico egemonico in Italia fino a qualche decennio fa. Non parliamo dell'austerità, della disgregazione della sanità pubblica a favore della privata.
Se si vuol dire che questa mentalità repressiva e barbara coglie l' occasione per manifestarsi più  liberamente oggi, grazie all'emergenza, siamo d'accordo. Se si vuol dire che i e le responsabili della distruzione del tessuto democratico vogliono e tenteranno di approfittare anche loro per dare un colpo a espressione e iniziativa di pensiero critico e dissenso, è una paura che abbiamo tutte e tutti. Ma appunto occorre non solo vigilare, ma incoraggiare e rendere il più possibile pubbliche tutte le riflessioni e pratiche che comunque si mettono in atto per fare argine a questa ondata autoritaria e regressiva (pensiamo ad esempio che in Polonia stanno approfittando per dare un colpo all'interruzione volontaria di gravidanza, mentre le donne non possono manifestare per il lock down, e hanno tentato anche qui). Iniziative che comunque esistono, basta cercarle.
In ultimo: ci sono addirittura coloro che accusano di ignavia e subalternità chi ( e sono la maggior parte del paese) si attiene alle disposizioni. Pensiamo che non sia giusto né produttivo, che sia deprimente lanciare solo allarmi senza avanzare ipotesi plausibili: ribellarsi alle misure imposte, rischiando contagi. A meno che non si pensi che non sia una pandemia, ma un semplice strumento esagerato per imporre il controllo.





venerdì 10 aprile 2020

Ballata del raddoppio









Acqua vino acqua vino amico amico
è un bisogno così, di raddoppiare,
per fare presa, per non vacillare
riprendere quel ritmo ormai antico

di ventre e testa che badano al cuore
mettendo a prova talento e passione
ricerca e sfida infinite del come
tenerli insieme senza errore, errore

acqua vino acqua vino amico amico
raddoppiare ti aiuta nello scarto
tra umori e senso evita l’incarto
col troppo semplice, dì amico amico

raddoppia la parola, il senso senso
è andato un po’ smarrito in dicerie
nelle vuote parole di agenzie
interessate solo al tuo consenso.