mercoledì 16 dicembre 2020

Fontanile con martin pescatore



 Come succede nella fisica quantistica dove un elettrone è supposto essere qui e lì allo stesso tempo, il Martin pescatore qui nel disegno digitale lo vediamo attento osservatore dall'alto e da destra ma in realtà sta sul ramo di una delle betulle della sponda sinistra del fontanile.

Il risultato dovrebbe essere appunto un invito al fontanile (magari ingrandendolo).La campagna a Ovest e Sud di Milano è particolarmente ricca di fontanili. Sono acque sorgive, limpide e pure più di quelle del fiume (e dei canali), sfruttate sin dal medioevo sono una ricchezza naturale che ultimamente, a fabbriche dismesse, sono tornate ad essere sfruttate per la produzione di ortaggi e frutta grazie all'impegno di contadini, cittadini appassionati ma anche studenti e docenti. A km zero. La sorpresa è ovviamente anche la bellezza di questi luoghi, abitati in particolare dal martin pescatore che pesca nell'acqua pesci e qualche rana, rari a dire il vero per l'incuria dei decenni passati.

giovedì 15 ottobre 2020

Tucson AZ 2020






Volevi dirmi questo, che sopravvivere
è più facile che vivere. 
Per questo portavi sulle spalle uno zaino 
rigonfio di chissà cosa.
Ho visto la tua sagoma col passo ingobbito
trascorrere nella vetrata e sono sceso nel giardino
fra i due alberi di mesquite già pieni di baccelli
come dovessi spaventarti.
Ma dove vai? ingarbugliavo il mio inglese
col tuo sconcerto e il mio allarme.
Hai guardato i miei piedi hai detto cerco money,
e li cerchi qui? e soldi in realtà volevi
e mi guardavi spaventato le mani,
ma vattene dico e tu fai per scavalcare il muro
del vicino, ma no non di là, qui nessuno spara
di là non so.
Hai smosso passandomi vicino un'aria
di afrore invero poco solforoso, diavolo d'un afroamericano
che parli una lingua piena di radici latine nascoste
dalle tue vocali deboli.
Al cancello ti sei fermato, hai preso in mano il chiavistello
sgangherato e l'hai scosso guardandomi.
Lo so lo so che è da aggiustare, non ho più le mani
per queste cose, lo dirò a my son...
Ma tu volevi dirmi che per qualche dollaro
lo aggiustavi tu, perché forse sopravvivere
è più facile che vivere.
Vattene va, non è più il tempo per lavoretti
né c'è spazio per sopravvivere. Non ti resta che vivere.
Anche se qui la vita vale molto poco, molto meno che
nel vecchio mondo, so far!
Lo sapevano già compagni e compagne di strada, George Floyd
in Minnesota, Ahmaud Arbery in Georgia, Breonna Taylor
in Kentucky, Manuel Ellis nello Stato di Washington 
e i 755 negli ultimi tre anni morti ammazzati.
Vattene va, ti dico questo, nel cammino vesti di chiaro
solo nel giorno e cammina contro sole
che l'ombra non ti preceda.

martedì 11 agosto 2020

La Resistenza e la memoria necessaria

Qui in Toscana è tempo di memorie legate alla Resistenza. Ieri Stazzema, oggi la liberazione di Firenze. La Toscana è stata epicentro della linea gotica e quindi ce n'è da rammentare, commemorare. Non posso fare a meno, scorrendo le immagini del Gr3 toscano, di avere il solito allarme contro la retorica. Ma mi passa subito. Vengo dagli anni cinquanta, sessanta, settanta, ecc. quando le commemorazioni istituzionali erano gonfie di retorica. Eppure anche allora c'erano quelle onorevoli e sincere. Persino dentro la DC c'era una parte sincera. Quanto ai 'sinceri democratici' che dire? Il fatto era che le istituzioni pensavano a bilanciarsi e questo bastava a quelli della mia generazione ad allarmarsi contro la retorica, c'era troppo 'bilanciamento' e noi avevamo forte la consapevolezza che la Repubblica era troppo occupata ancora dai fascisti storici e da quelli novelli. Il problema è che nonostante i decenni, con gli omissis e i cosiddetti misteri delle stragi fasciste, con la riedizione farsesca del fascismo berlusconiano, con le brutture reazionarie dei razzisti di oggi, per tutto un apparato istituzionale non si può tuttora evitare di sentire allarme per la retorica, vuota di vera Storia. Eppure c'è da rammentare, occorre continuare a farlo, ma occorre aggiungere alla memoria la memoria della memoria. Continuare a rammentare che c'è stata e magari c'è una memoria vuota e retorica ma che da quella prendiamo le distanze, sempre. Occorre ricordare ai nostri nipoti che c'è una memoria necessaria per dare senso alla Storia e una memoria retorica, vuota, da spazzare via.

martedì 21 aprile 2020

Emozioni e ragione, il prof il primo giorno di scuola



Una questione di metodo. Buona anche in questo tempo di coronavirus.

Mi arriva dalla citazione che Raffaele Sciortino fa a un certo punto nel suo ultimo libro -I dieci anni che sconvolsero il mondo (Asterios, 2018) – tratta dalle Glosse marginali di critica all’articolo “Il re di Prussia e la riforma sociale, firmato: un Prussiano” di Karl Marx del 1844.


Scrive Sciortino:

Prima di procedere all’ultima parte di questo lavoro è bene tenere presente, senza nasconderci la quasi abissale distanza di contesto storico, un’avvertenza di metodo ovvero di sostanza formulata da un giovane tedesco a metà ottocento:


L’unico compito di una mente pensante amante della verità di fronte ad una prima esplosione della rivolta degli operai salesiani, non consisteva nel sostenere il ruolo del pedagogo di questo avvenimento, ma piuttosto nello studiarne il peculiare carattere. A ciò si richiede soprattutto una certa perspicacia scientifica e un certo amore per l’umanità, mentre per l’altra operazione è più che sufficiente una fraseologia spedita intinta in una vuota compiacenza.


La chiave di questo passo sta a mio parere nell’uso ripetuto di Marx dell’aggettivo ‘certo/a’. Quello che Marx ritiene necessario di fronte ad un evento, una ricerca, un'esperienza, è non una generica perspicacia scientifica, ma una ‘certa’ perspicacia scientifica, ‘certa’, cioè sicura, vera, accertata.

Credo di possedere una perspicacia scientifica però niente affatto sicura, accertata. Mi basta però. Riesco a cogliere, in superficie, la qualità scientifica di materiale filosofico, matematico, antropologico, ecc. Seguo ‘certe’ regole però quando parlo di Storia e di Poesia (scrivo Storia con la maiuscola perché la Storia non è la mia storia, scrivo Poesia perché non parlo della mia poesia). L’uso attento delle fonti per la Storia e la conoscenza dei caratteri specifici della scrittura poetica mi fa sentire a posto.

Quando a scuola mi trovavo a fare incursioni in discipline scientifiche con le quali avevo una familiarità per l’appunto solo scolastica, curavo di avvisare che quanto andavo affermando sulle loro caratteristiche era sicuramente parziale, quello che volevo era suscitare in loro solo qualche curiosità in più e che quanto dicevo poteva bastare solo a farsi un’idea generica, insomma li invitavo ad andare oltre me. Fermo restando che nelle due discipline di cui ero diretto responsabile dovevano seguire le mie indicazioni di percorso.

Il mio materiale specifico da dover studiare per coglierne i caratteri peculiari erano di fatto i miei allievi e cambiava tutti gli anni, ogni anno avevo nel triennio finale dell’Istituto in cui insegnavo una nuova terza classe che avrei condotto fino alla maturità.

La mia ‘perspicacia scientifica’, con l’andare degli anni, divenne sempre più certa. Ma di fronte a quell’evento il mio impegno che poteva contare sull’esperienza passata era ugualmente tesissima perché sapevo che quegli allievi erano comunque diversi dai precedenti e avrebbero messo all’inizio un po’ in crisi le forme di una relazione ancora una volta tutta da scoprire.

Ho sempre avuto una decisa attenzione a non farmi pedagogo in quel nuovo evento della relazione che stava nascendo. Allievi e allieve hanno un fiuto speciale – nulla di scientifico ma di cui tenere conto – che li/e mette in grado da subito di capire di che pasta è il prof. Mettermi a fare il pedagogo significava partire col piede sbagliato, con conseguenze durature. Occorreva dare giusta importanza a quella situazione mescolando il facile col difficile. Ma soprattutto rinunciare a qualsiasi compiacimento narcisistico, una delle cadute di stile di un prof più frequenti. Allievi e allieve sanno come impostare la loro relazione dalla quantità di narcisismo che il prof esibisce nella prima ora di lezione di un nuovo ciclo scolastico approfittando della sua posizione di potere, della sua padronanza del linguaggio.

Ma poi Marx avverte appunto, la tensione scientifica senza un sicuro amore per l’umanità non va molto lontana. Osservazione di metodo quanto mai opportuna in tempo di pandemia.

Che ne sarebbe stato del mio piacere nell’insegnamento se non avessi amato senza riserve il primo giorno di scuola di una serie infinita di anni scolastici con quell’incontro di così profonda emozione e di tensione della ragione?

giovedì 16 aprile 2020

Una riflessione a due su paura e sgomento al tempo del coronavirus


di Adriana Perrotta e Paolo Rabissi
L'emergenza da coronavirus in corso ci mette di fronte a episodi che non tranquillizzano per niente sul futuro. Le tentazioni autoritarie nel nostro paese hanno una storia lunga ma l'emergenza in corso fa temere a molti una loro presa maggiore, cosa che non poche delle forze politiche in gioco non mascherano più di tanto nei loro proclami e inviti, che vengano dall'opposizione di destra o da certi settori del governo.
Soprattutto si teme che le necessarie misure, prese di autorità dal governo per contenere il contagio, possano residuare sul lungo periodo imposizioni e diminuzione di libertà civili. Una realtà che avrà purtroppo la sua legittimazione tecnica se è vero come sembra che gli effetti del coronavirus possono durare anche uno o due anni, se è vero come sembra che i corona virus mutano e che già nel prossimo autunno potrebbero ripresentarsi sotto altre forme.
Tuttavia quello che ci preme, e dovrebbe premere a chiunque, è di non contribuire in alcun modo a diffondere smarrimento e paure, alimentare isterie individuali e collettive, per cui sentiamo l'obbligo di prendere posizione contro coloro che invece lo fanno. Di fronte a quattro cretini in divisa, che investiti finalmente di un po' di autorità ne approfittano per vessare cittadini e cittadine, certuni/e finiscono col denunciare come inutili i provvedimenti di restrizione alla nostra vita quotidiana e col sollecitare alla ribellione in nome dell'antiautoritarismo dal quale la nostra generazione e le successive provengono. Posizione ambigua, soprattutto perché paladini strenui delle libertà democratiche oggi sono i partiti di destra. Ma posizione anche isterica perché gridare al lupo al lupo in questo caso è semplicismo politico, occorrerebbe spiegare se si è convinti/e che la diffusione del virus avviene per contagio oppure per sfiga o per dannazione dei Sapientes all'autodistruzione. Siccome avviene per vicinanza e contatto l'unica cosa da fare è stare alla larga dal prossimo tuo. Certo si possono  suggerire, e qui i social, i centri di controinformazione la rete ecc possono fare molto, modifiche, attenuazioni, priorità. Senza disinvolte pressioni della pancia.

Poi ci sono certi/e intellettuali che farebbero meglio a stare zitti/e.
In rete, nei fogli on line, abbondano. Abbondano anche altrove. Hanno purtroppo il piglio moralistico con il quale ci si accusa di non renderci conto dell'abisso di inciviltà in cui avremmo accettato di piombare ubbidendo alle restrizioni: crediamo sia da respingere in toto, è una posizione che  non riconosce gli affanni, i tentativi di andare avanti, malgrado paure e insicurezze in agguato, le riflessioni condotte da molte/i e le pratiche e le iniziative messe in atto, anche nell'attuale situazione, per trarre da questa sciagurata emergenza, perché di questo si tratta e non di una invenzione dell'orrido Potere, insegnamenti per evitare di tornare tout court alla "normalità" precedente, che non ci piaceva e che già combattevamo culturalmente, socialmente, politicamente. Non so se ci riusciremo, o saremo stroncate/i, ma forse occorrerebbero parole di incoraggiamento, piuttosto che altezzose reprimende da parte di chi "ha capito tutto".
Ci sono anche quelli/e che sostengono che il paese di fronte al virus è crollato eticamente e politicamente. Lasciamo stare che a buona ragione uno potrebbe dire che è da mo' che è crollato, epperò la maggior parte dei cittadini/e ha accettato le misure di sicurezza, la Confindustria ha continuato a fare la Confindustria, gli/le operai/e che hanno dovuto lavorare hanno continuato anche a scioperare per ottenere maggiori garanzie, compresi i driver. Che poi il governo ci provi a fare il di più c'era da aspettarselo, continuiamo comunque nel parere che in casa bisogna restare: ma davvero non c'è più nessuna fiducia che se dovesse esagerare e approfittarne troppo una buona parte del paese non gli scatenerebbe addosso una reazione (noi vecchietti compresi)? Non ci crediamo. L'unico problema sarà che prima a farla sarà la destra, in nome delle libertà morali, etiche e costituzionali di cui è diventata depositaria. Grazie anche alla fu sinistra.
Si parla di aggressioni e delazioni da parte di vicini/e di casa? di caccia agli untori? di abusi di forze dell'ordine?...Non è che siano proprio delle novità! Sarà che queste cose si sono intensificate da quando una sciagurata destra al potere economico, finanziario, culturale - e ci mettiamo dentro certa parte della "sinistra istituzionale" - ha occupato i posti dirigenziali di questo sfortunato paese. Lavoratori non italiani uccisi, non italiani accusati di essere stupratori in quanto etnia... E poi Carlo Giuliani, Cucchi, Aldrovandi, Varalli e Zibecchi..., Genova, con i responsabili premiati, arresti di chi manifesta contro il Tav, migranti lasciati morire in mare... Questo e molto altro è il recente nostro passato repressivo, da quando si è lacerato il tessuto sociale e democratico egemonico in Italia fino a qualche decennio fa. Non parliamo dell'austerità, della disgregazione della sanità pubblica a favore della privata.
Se si vuol dire che questa mentalità repressiva e barbara coglie l' occasione per manifestarsi più  liberamente oggi, grazie all'emergenza, siamo d'accordo. Se si vuol dire che i e le responsabili della distruzione del tessuto democratico vogliono e tenteranno di approfittare anche loro per dare un colpo a espressione e iniziativa di pensiero critico e dissenso, è una paura che abbiamo tutte e tutti. Ma appunto occorre non solo vigilare, ma incoraggiare e rendere il più possibile pubbliche tutte le riflessioni e pratiche che comunque si mettono in atto per fare argine a questa ondata autoritaria e regressiva (pensiamo ad esempio che in Polonia stanno approfittando per dare un colpo all'interruzione volontaria di gravidanza, mentre le donne non possono manifestare per il lock down, e hanno tentato anche qui). Iniziative che comunque esistono, basta cercarle.
In ultimo: ci sono addirittura coloro che accusano di ignavia e subalternità chi ( e sono la maggior parte del paese) si attiene alle disposizioni. Pensiamo che non sia giusto né produttivo, che sia deprimente lanciare solo allarmi senza avanzare ipotesi plausibili: ribellarsi alle misure imposte, rischiando contagi. A meno che non si pensi che non sia una pandemia, ma un semplice strumento esagerato per imporre il controllo.





venerdì 10 aprile 2020

Ballata del raddoppio









Acqua vino acqua vino amico amico
è un bisogno così, di raddoppiare,
per fare presa, per non vacillare
riprendere quel ritmo ormai antico

di ventre e testa che badano al cuore
mettendo a prova talento e passione
ricerca e sfida infinite del come
tenerli insieme senza errore, errore

acqua vino acqua vino amico amico
raddoppiare ti aiuta nello scarto
tra umori e senso evita l’incarto
col troppo semplice, dì amico amico

raddoppia la parola, il senso senso
è andato un po’ smarrito in dicerie
nelle vuote parole di agenzie
interessate solo al tuo consenso.

lunedì 30 marzo 2020

Elogio del commiato (in occasione dei funerali di Primo Moroni)


ELOGIO   DEL COMMIATO 
( in occasione dei funerali di Primo Moroni)

Al primo sparo s’é squarciato il cielo
palesando a noi che il nulla era
e fece così più care le schegge nei cuori trafitti.

Salute a te nobile scorta  che onori così bene ,  e la ritardi,  questa Morte                       
e  abbassando il cielo  lo sveli pullulare di stelle e pianeti .

Al secondo sparo ha esitato
quel medesimo cuore scheggiato
a mescolare di vita la morte:
eppure gli uni
già intonavano canti gentili
altre colmavano spazi
con molli passi di danza.

Al terzo sparo la tua Morte, fratello, 
s’é fatta prudente
con roseo pallore da giovinetto
in veste vermiglia 
ha atteso tra noi paziente
il muto consulto e lungo degli sguardi
lo scanzonato saluto mesto tra noi.

Salute a te nobile scorta che hai preso per mano così bene la sua Morte
e l’hai resa paziente con gli spari colorati e le danze, lei che immediati
abbandoni del cuore pretendeva.

Al quarto sparo  
parole di mescolanza s’é detta la folla
di doppie radici nell’amore
e in quelle parole
che dicevi di memoria e di futuro.

Il  quinto sparo sul selciato fumigante
a tutti ha disvelato
dei rami d’inverno la calda giovinezza
dei fiori quasi nati la piena maturità
la salda vertigine dei sogni.

Salute a te, nobile scorta del corpo presente e immateriale, bene hai conservato  
il timbro della sua voce per il nostro ristoro e  in egual modo celebrasti 
echi e luccicanze.
*
sul sagrato della chiesa la mattina  del funerale i compagni e le compagne di Calusca hanno fatto una scenografia così emozionante con quei petardi colorati e le danze che sovrastava la mia commozione per Primo, uno degli eventi più laici cui ho assistito, lo scopo era quello di festeggiare la vita e relegare la morte in un canto.

mercoledì 18 marzo 2020

Una stagione né complicata né semplicistica

Appartengo a una generazione educata secondo principi autoritari, ci siamo ribellati ad essi, abbiamo messo le basi per una via diversa. E’ cominciata con l’adesione a una strada che appariva alternativa ma era anch’essa autoritaria, non c’è voluto molto per smascherarla. Liberarci dell’autoritarismo fascista e comunista è stata la nostra strada di liberazione. Cosa c’era su questa strada e alla fine di essa? Questo è il problema di molti/e. Le ipotesi sono tante, nessuna convincente. La mia esperienza profondamente antiautoritaria ha avuto come esito, alla fine del lungo ’68, una posizione abbastanza libertaria, l’unica ipotesi che accetto è il percorso, la strada in sé. Il movimento reale delle cose. Nella sua complessità, prendendo distanza dal troppo e dal troppo poco. Scegliendo il semplice, non il più semplice. Puntare a questo equilibrio difficile per me è una cifra di vita. Occorrono energie grandi, una passione lucida per non cadere da una parte o l’altra dei due fronti, insidiosi e nocivi entrambi. Potrebbe anche succedere che in questo percorso io finisca con l'imbattermi, insieme a tanti altri, in qualcosa di simile a quel comunismo che avevamo in mente o forse non gli assomiglierà per niente ma ci sarà sempre bisogno di energie grandi, passioni estreme antiautoritarie per evitare da un lato che quell'ipotesi si faccia stato, per evitare dall'altro che prendano piede le forze della reazione.

Oggi è un gran parlare dei pericoli di derive autoritarie del (dei?) governo, approfitta dell’emergenza per rendere stabili provvedimenti di esclusione, di accorpamento di poteri locali e no, di sotterranei supporti ai poteri forti che tanto occulti non sono, ecc. Un quadro possibile ma non va presentato a mio parere come un matassa ingarbugliata da dover sciogliere, è da quando ho la ragione che questo è il quadro politico reale che mi ha accompagnato. Ebbene, ieri le lotte operaie in primis, quelle giovanili delle scuole, quelle del femminismo, hanno in qualche modo fermato le derive autoritarie degli anni passati, colpi di stato tentati, colpi di stato vicini a realizzarsi, violenze atroci realizzate. Io mi sento fiducioso, le lotte di vecchi soggetti si uniscono oggi a quelle de* nuov* sfruttat* del lavoro precario, manuale e intellettuale e basta affacciarsi sulla rete, una ‘strada’ inaspettata fino a poco tempo fa, per rendersi conto che ci sono energie e passioni disposte a spendersi per quel progetto che non può per me che essere complesso ma non complicato, semplice ma non ridotto a una semplificazione. La tentazione verso il semplicissimo o verso il complicato nasconde percorsi narcisistici e autoritari, mi sembra il pericolo maggiore da cui guardarsi, lo dico soprattutto per i giovani ricercatori di strade diverse.