giovedì 17 marzo 2022

Su Guido Cavalcanti, il desiderio d'amore e la frantumazione dell'io

 


Nel 2011 su una pagina di questo blog ho pubblicato un breve saggio su Guido Cavalcanti che riprendeva l'articolo pubblicato su "Il Monte analogo" rivista di poesia e ricerca animata da Giampiero Neri. A distanza di più di dieci anni nel salotto letterario di Gabriella Galzio (che ha frequenza mensile anche in tempo di pandemia ma, per necessità, sulla rete) stimolato dalle conversazioni che lì si tengono ho trovato l'occasione giusta per rimetterci mano. Ero spinto dalla necessità di aggiornare, per così dire, lo spirito della poesia del poeta fiorentino alla luce di acquisizione tematiche più attuali. In realtà tutto era già scritto. Occorreva solo rendere maggiormente espliciti i nodi intorno ai quali quella poesia si distendeva. Il nodo principale sta in quella che ho chiamato, mutuando un termine suggerito da una pratica femminista degli anni settanta, 'autocoscienza maschile', mettendo necessariamente in rilievo che la forma di autocoscienza che Cavalcanti avrebbe a mio parere messo in fieri con i suoi versi non assomiglia del tutto a quella femminile. Ma con qualche somiglianza non banale. Basti pensare che era pratica interna al Dolce Stil Nuovo scrivere versi indirizzati a poeti amici (non ho notizia di donne nel loro cerchio), suscitare ragionamenti d'amore o d'altro, aprendo dunque a tenzoni e schieramenti, il che può in qualche modo prefigurare le numerose riunioni femministe degli anni settanta in case più o meno private.

Le conclusioni dei ragionamenti d'amore di Cavalcanti sono terribilmente attuali. Rivolto al maschio guerriero (tutti i componenti del circolo stilnovesco fiorentino, Guido e Dante compresi, erano cavalieri armati, in perenne guerra per bande tra famiglie perlopiù nobili o altoborghesi che puntavano al potere della città di Firenze con alterna fortuna) sollecita a riflettere sulla potenza devastante del desiderio d'amore che schiaccia l'individuo fino a ridurlo in stati mentali di pericolosa perdita di equilibrio interiore.

Ciò che sublima questi rischi pericolosi è la poesia.

Franco Fortini scriveva nelle ultime battute della poesia 'Traducendo Brecht':...Il temporale / è sparito con enfasi. La natura  / per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia / non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi."

Sembra che la nostra natura appunto non basta da sola ad allontanarci dalle violenze prodotte dalla perdita d'equilibrio. Occorre una seconda natura. Intelletto e passione, cuore e talento, insieme devono essere in grado di smarcarci dalla guerra. Siamo solo all'inizio del percorso.

E dunque anche la poesia può comunque servire. Per la sua ostinazione a dire. Perché la poesia non rinuncia al bello anche quando tutto ci appare insicuro e senza equilibrio. I versi di Cavalcanti risuonano con dolcezza di rime  mentre ci indica i mortali colpi dell'amore.

La nuova versione del mio articolo è in rete a questo link:

http://overleft.it/index.php?option=com_content&view=article&id=252:il-doppio-effetto-dellamore-desiderio-e-frantumazione-dellio-nella-poesia-di-guido-cavalcanti-

Ne ho parlato al salotto on line dell'11 gennaio '22 di Gabriella Galzio visibile ora su youtube a questo link:

https://www.youtube.com/watch?v=zrneZ1pf0gk


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